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Marevivo dal 1988 si batte contro la pesca del Dattero di Mare

Una vittoria per Marevivo

Dopo anni di mobilitazione e lotta contro la pesca illegale dei datteri di mare e delle specie protette, grazie anche alle battaglie di Marevivo è arrivata la sentenza del 28 ottobre 2022 del Tribunale di Torre Annunziata, che arriva dopo quella datata marzo 2022 del Tribunale di Napoli, che attesta la gravità di questa pratica illegale e il devastante impatto all’intero ecosistema marino, introducendo il reato di disastro ambientale con condanne fino a 6 anni.

Si tratta di sentenze storiche fortemente volute da Marevivo che rappresentano un passaggio epocale nella difesa del mare.

L’impegno di Marevivo negli anni

Marevivo già nel 1988 chiese e ottenne dal Ministro della Marina Mercantile, il divieto alla devastante pesca del dattero di mare e dunque l’emanazione di un decreto di proibizione della pesca poi integrato con la proibizione alla detenzione e all’importazione.

Ma la battaglia per ottenere il rispetto della normativa vigente, sia lungo le coste italiane che in tutto il Mediterraneo, è destinata a continuare poiché purtroppo sono ancora molti i “ladri di mare” che, con questa pratica di pesca illegale, devastano interi tratti di costa a causa della tecnica di raccolta altamente invasiva.

La situazione attuale

Per la pesca del dattero di mare vengono distrutte le rocce calcaree in cui tale mollusco scava delle gallerie, causando l’irreparabile desertificazione dell’habitat marino.

E’ stato calcolato che per preparare un piatto di linguine ai datteri di mare si va a distruggere 1 mq di superficie marina.

Il dattero di mare appartiene alla specie dei molluschi bivalvi marini. Allo stadio larvale vive libero nell’acqua. Quando raggiunge l’età adulta si fissa alle rocce di natura calcarea attraverso una sostanza filamentosa, il bisso, da lui prodotto. Può arrivare al massimo a 10-15 centimetri. Produce un acido debole con cui scava la roccia calcarea; questo dattero cresce molto, molto lentamente. Impiega oltre dieci anni per raggiungere dieci centimetri e può vivere forse alcuni decenni.

Il pericolo del deserto biologico

Il punto vero che preoccupa la comunità scientifica è che sembra che non esista nessun danno più irreversibile e grave di quello della pesca del dattero. Perché è l’unico danno che non recupera. Una volta che viene scarnificata la roccia rimane un deserto biologico. Per sempre.

Un danno incommensurabile perché questo ambiente perde la capacità di produrre bene, ricchezza, di produrre corallo rosso, pesce, turismo.

Protezione

La pesca del dattero di mare è vietata in molte zone del mondo, tra cui l’Italia e l’Europa.

L’Italia, in particolare, è stata tra i primi Paesi ad emettere leggi di divieto della pesca dei datteri di mare.

Il primo divieto di raccolta, detenzione e commercializzazione del dattero di mare e del dattero bianco risale al 1988 ((Decreto n. 401, 20 agosto 1988, Ministero della Marina Mercantile), successivamente rinnovato annualmente e reso definitivo nel 1998 (DM 16 ottobre 1998).

A livello comunitario una esplicita proibizione dell’uso di tali attrezzi nella pesca è stata sancita dal Regolamento 1626/94 riguardante le attività di pesca nel Mediterraneo e recentemente ribadita dal Regolamento n° 1967/2006 sempre relativo a questo mare che all’articolo 8 vieta la cattura, la detenzione a bordo, il trasbordo, lo sbarco, il magazzinaggio, la vendita e l’esposizione del dattero di mare e del dattero bianco.

Il 10 marzo 2022 secondo il procedimento n°8147/2018 RGnr, la pesca di frodo del dattero di mare è stata riconosciuta e sanzionata come pratica che attenta e distrugge violentemente se non addirittura irreversibilmente l’ecosistema marino, determinando di fatto il depauperamento delle scogliere.