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In vista della Giornata mondiale degli Oceani e dell’apertura della Conferenza Onu di Nizza 10 casi emblematici – dalla Thailandia al Mar Rosso, dalle Hawaii alla Sardegna – di ecosistemi marini devastati dal turismo fuori controllo

Barriere coralline perse per sempre a causa del surriscaldamento e dell’acidificazione degli oceani, dell’ancoraggio selvaggio e dello snorkeling, ecosistemi di mangrovie devastati per far posto a villaggi turistici, baie soffocate dai natanti, cetacei cacciati dai loro habitat per l’eccessiva presenza umana: la triste lista per raccontare quello che l’overtourism, il turismo fuori controllo, sta causando al mare potrebbe continuare a lungo. A lanciare l’allarme è Marevivo che, in occasione della Giornata Mondiale degli Oceani 2025 che si celebra l’8 giugno, punta il dito su 10 casi esemplari in cui il turismo di massa ha messo in crisi la biodiversità marina.

“Quando parliamo di overtourism – spiega Rosalba Giugni, Presidente Fondazione Marevivo – ci si riferisce sempre alle città d’arte o alle località turistiche sulla terraferma. Non ci soffermiamo quasi mai ad evidenziare come invece il mare, con i suoi delicati ecosistemi, sia stato una delle prime vittime del turismo di massa. Basti pensare, solo per fare un esempio, anche alla desertificazione delle barriere coralline causate già nel decennio scorso dal turismo selvaggio. In occasione della Giornata degli Oceani, vogliamo ricordare che dal Pianeta mare dipende la nostra vita, eppure, facciamo troppo poco per metterlo in cima alla lista delle emergenze ambientali”.

La ricorrenza dell’8 giugno quest’anno cade alla vigilia della Conferenza UN sugli Oceani, che si terrà a Nizza dal 9 al 13 giugno, alla quale Marevivo sarà presente con varie iniziative, ma soprattutto con l’obiettivo di affrontare un tema particolarmente importante: la necessità di spingere la ricerca e la conoscenza e, quindi, la catalogazione della biodiversità marina.

“Stiamo distruggendo un patrimonio senza neanche conoscerlo – prosegue Giugni. – Oltre l’80% dei fondali marini e il 98% di quelli abissali sono inesplorati e non esiste una catalogazione della biodiversità: non conosciamo il mare, ma continuiamo a sfruttarlo in ogni modo possibile. Quello dell’overtourism è un tassello che si unisce al dramma dei mutamenti climatici, del depauperamento degli stock ittici, dell’inquinamento da plastica e di altre gravi emergenze ambientali. Senza una trasformazione culturale che affonda le radici nella conoscenza, non è possibile realizzare la transizione ecologica indispensabile al nostro Pianeta”.

DIECI CASI DI OVERTOURISM

1. Maya Bay, Thailandia

La celebre spiaggia resa famosa dal film The Beach ha subito un afflusso massiccio di turisti, con oltre 5.000 visitatori e 200 barche al giorno. Questo ha portato alla distruzione di circa l’80% delle barriere coralline locali. Per consentire la rigenerazione dell’ecosistema, Maya Bay è stata chiusa al pubblico nel 2018 e rimane tuttora inaccessibile.

2. Boracay, Filippine

L’isola ha affrontato gravi problemi di inquinamento e gestione dei rifiuti a causa di un turismo giornaliero di circa 20.000 persone. L’eccessiva presenza turistica ha danneggiato la flora e la fauna locali, portando il governo a chiudere temporaneamente l’isola per interventi di recupero ambientale.

3. HanaumaBay, Hawaii

Questa baia riceveva fino a 10.000 visitatori al giorno, con conseguente accumulo di creme solari contenenti sostanze chimiche dannose per i coralli. Durante la pandemia di COVID-19, la chiusura temporanea ha permesso una significativa ripresa dell’ecosistema. Attualmente, l’accesso è limitato a 720 visitatori al giorno per proteggere l’ambiente marino.

4. Great Barrier Reef, Australia

Il turismo di massa ha contribuito al degrado della barriera corallina più grande del mondo. Attività come snorkeling e immersioni non regolamentate hanno causato danni fisici ai coralli, mentre l’inquinamento e lo sviluppo costiero hanno aggravato la situazione, portando alla perdita di oltre la metà dei coralli dal 1985.

5. Zanzibar e Tanzania

In località come Zanzibar e Dar es Salaam, il turismo è responsabile di circa due terzi dell’inquinamento plastico marino. La costruzione di resort lungo le coste ha distrutto habitat critici come mangrovie e praterie di fanerogame marine, fondamentali per la riproduzione di molte specie e per la protezione costiera. Inoltre, l’eccessivo traffico di imbarcazioni turistiche ha disturbato i pattern migratori di delfini e balene, spingendoli lontano dalle coste.

6. Alonissos, Grecia

Nonostante sia parte del più grande parco marino protetto d’Europa, l’isola di Alonissos affronta problemi di inquinamento marino, specialmente nel porto di Votsi, a causa dell’intensa attività turistica e della pesca. I volontari stanno lavorando per rimuovere i rifiuti e sensibilizzare la popolazione sull’importanza della conservazione marina.

7. La Maddalena, Sardegna

L’arcipelago sardo è minacciato dall’eccessivo afflusso turistico, con conseguente inquinamento acustico che allontana i delfini e danni agli ecosistemi marini causati dalle ancore delle imbarcazioni. Le autorità locali stanno cercando di implementare misure per proteggere l’ambiente, ma la situazione rimane critica.

8. Praia da Cova Redonda, Algarve, Portogallo

Il ripascimento artificiale della spiaggia per scopi turistici ha coperto habitat marini vitali, causando la scomparsa temporanea di specie come cozze, patelle e anemoni. La biodiversità ha iniziato a riprendersi solo dopo diversi anni.

 9. Sataya (Egitto)

Nel Mar Rosso vive una straordinaria comunità di delfini che, dopo essersi nutriti al largo, riposa vicino alla barriera corallina. Questo equilibrio è sempre più minacciato dal traffico di imbarcazioni e dal turismo. Nonostante l’impegno di diverse organizzazioni, manca il supporto delle autorità locali. Un esempio positivo viene da Samadai, splendida barriera vicino a Mars Alam, dove nuove regole per un turismo sostenibile stanno dando ottimi risultati nella tutela dell’ecosistema.

 10.Tonga

Il suo ambiente marino incontaminato e l’osservazione ravvicinata delle megattere sono tra le risorse naturali più preziose del Paese. Tuttavia, alcune attività turistiche, in particolare gli incontri con le balene, stanno provocando effetti negativi. Ciò è preoccupante perché le megattere arrivano a Tonga in un periodo delicato per accoppiarsi, partorire e accudire i piccoli. Le interferenze umane, anche nelle aree protette, stanno compromettendo la loro salute e le possibilità di sopravvivenza.

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