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di Giancarlo Bovina

Più volte, mentre navighiamo sotto costa, le spiagge ci mostrano linee scure, piccole scarpate intagliate nei depositi sabbiosi. Normalmente modellate dal vento e dalla ritmica azione delle onde con morbide morfologie delle spiagge, le dune costiere mostrano, con questi tagli subverticali anche a distanza dalla riva, i segni drammatici dell’erosione costiera.

Quasi ovunque, ma soprattutto in Italia per l’ampio sviluppo litorale, la fascia costiera rappresenta certamente la porzione di territorio nella quale l’azione antropica ha determinato i maggiori effetti di trasformazione. In nessun altro “paesaggio” come quello costiero, gli equilibri ambientali, alla base della conservazione delle risorse, sono stati quasi sempre stravolti dalla mancata o errata pianificazione delle attività umane: bonifiche, sviluppo urbanistico, insediamenti industriali, reti di trasporto e porti, infrastrutture turistiche.

Dalla ricerca “Oloferne 1996/97” sul consumo dei suoli del WWF Italia, risulta che solo il 26% è risultato totalmente libero da insediamenti ed attività antropiche.

Oltre alla antropizzazione il fenomeno che più sintetizza e spesso rappresenta pienamente la criticità dell’effetto sinergico di molte delle attività umane citate è dato dall’erosione dei litorali. Pur caratterizzato da una forte dinamica naturale, allo stato attuale l’equilibrio delle spiagge è quasi ovunque compromesso dagli interventi sul territorio (non solo costiero). Dieci anni fa si considerava un terzo delle spiagge italiane in erosione (circa 1000 Km), ma osservazioni recenti condotte da esperti di Marevivo su alcune estese porzioni del litorale nazionale, hanno individuato una ulteriore accelerazione del processo.

Per comprendere la natura del fenomeno è necessario considerare che la presenza e stabilità del sedimento che costituisce la spiaggia, in linea generale dipende da un meccanismo di trasporto, “il nastro trasportatore litoraneo”, che provvede alla distribuzione lungo costa, per effetto combinato di onde e correnti, dei materiali versati in mare dai corsi d’acqua. Oltre ad altri fenomeni di natura geologica e/o climatica, qualsiasi interferenza sul processo naturale di erosione dei versanti, trasporto verso mare dei sedimenti, trasporto litorale, comporta quindi il disequilibrio della spiaggia che si traduce nella maggior parte dei casi nella sua demolizione. Per queste motivazioni molte spiagge del Mediterraneo sono interessate dall’erosione, fenomeno che intacca gravemente un bene economico fondamentale per le località turistiche balneari ed una risorsa da conservare per le generazioni future. Le spiagge costituiscono così una risorsa naturale difficilmente rinnovabile poiché le azioni di controllo dell’erosione costiera sono complesse e raramente risolutive. Ancora oggi gli interventi di protezione dei litorali dall’erosione vedono molto diffuse opere frangiflutti in blocchi di varia natura e dimensione, rivestimenti di spiagge, muri paraonde, pennelli trasversali o paralleli, barriere sommerse o semi sommerse, tutte opere generalmente rigide, scarsamente compatibili, anche dal punto di vista più strettamente paesaggistico, con le valenze ambientali. Anche i versamenti detritici, cioè la ricostruzione delle spiagge con l’apporto di sabbie prelevate in mare (ripascimento morbido) sono frequentemente realizzati con poca considerazione del complesso delle relazioni ecologiche investite.

L’erosione delle spiagge è frequentemente associata alla demolizione delle dune costiere; queste rappresentano il risultato di lenti processi di accumulo, ad opera del vento, delle sabbie trasportate dalle correnti marine lungo costa e, in condizioni naturali, costituiscono un serbatoio di sabbia in grado di rifornire le spiagge nelle fasi “ordinarie” di erosione. Le dune costiere sono anche ambienti di estremo valore geomorfologico, ecologico e paesaggistico che, piuttosto diffusi sino a tempi recenti, attualmente sopravvivono in poche e limitate aree, tanto da essere considerati come “ambienti relittuali”. Ma l’importanza ecologica delle dune costiere risiede anche nelle comunità vegetali, che sono strettamente caratteristiche di tali ambienti e ne determinano il consolidamento e l’accrescimento. Anche sotto il profilo faunistico gli ecosistemi dunali rappresentano habitat unici.

Nonostante siano in larga parte interessati da specifici strumenti di tutela, a livello europeo, sono gli ecosistemi maggiormente minacciati. I meccanismi di degrado, come descritto inizialmente, sono principalmente rappresentati dall’antropizzazione dei litorali, dall’erosione costiera, da una fruizione turistica incontrollata, fondamentalmente causati dalla mancanza di pianificazione, programmazione e corretta gestione, sia dei litorali che del territorio interno.

Le problematiche della conservazione degli ambienti dunali attuali sono dunque estese a larga parte dei territori costieri del bacino del mediterraneo e dei paesi nord europei, ma è lungo la costa italiana che si rilevano le condizioni di degrado e distruzione più avanzate.

Uno studio condotto da Marevivo sull’attuale presenza delle dune lungo la costa nazionale ha consentito di individuare uno sviluppo residuo complessivo pari a circa 700 km: vale a dire meno del 10% dello sviluppo costiero nazionale e solo circa il 20% di quello interessato da litorali sabbiosi. Più in dettaglio, la ripartizione tra dune naturali e dune antropizzate risulta pari a circa il 50%. A tal proposito è significativo rilevare l’andamento contrastante di alcune regioni: ad esempio la Puglia dove, dei 130 Km di dune, l’80% è costituito da dune naturali e la Campania dove, dei 66 Km di dune, solo il 5% è rappresentato da dune naturali. Ma il dato sullo sviluppo delle dune naturali non deve trarre in inganno poiché la maggior parte di esse, negli ultimi anni, presenta condizioni di sensibile degrado principalmente per effetto della pressione turistica.

Allo stato di conservazione delle dune e delle spiagge è quindi strettamente legato quello di altri ecosistemi, di estrema importanza, quali gli ambienti umidi retrodunali, le lagune ed i laghi costieri, le praterie di Posidonia oceanica, tutti ecosistemi che, oltre alla funzione strettamente ecologica, hanno notevole valore economico, diretto ed indiretto. Sono queste le condizioni che caratterizzano la duna ad ovest del promontorio del Circeo abitato, secondo il racconto omerico, dalla Maga Circe, “apprestatrice di filtri e di veleni” e sulle cui rupi (forse non a caso) cresceva abbondante l’Euforbia arborea una delle piante venefiche più anticamente note della regione mediterranea e che i pescatori di frodo hanno usato per lungo tempo per stordire e catturare i pesci.

Se una spiaggia sottoposta ad erosione può ricostituirsi anche in pochi giorni, le dune litoranee, una volta demolite, si ricostruiscono in tempi molto lunghi tanto che alla scala umana il fenomeno può essere considerato irreversibile.

La duna del Circeo non sfugge a tale regola: essa costituisce un cordone sabbioso consolidato da vegetazione specializzata, bloccato nel proprio meccanismo di autoprotezione, cioè dal libero avanzamento ed arretramento che le consentirebbe di limitare i danni dell’energica azione delle mareggiate, dalla strada costiera realizzata su di essa negli anni trenta, una struttura rigida che oltre ad impedire appunto l’evoluzione morfologica naturale, concentra le acque di pioggia determinando meccanismi di erosione da ruscellamento. A questi si sommano l’erosione del vento che approfondisce le canalizzazioni asportando la sabbia in tal modo definitivamente sottratta al meccanismo di conservazione della duna e conseguentemente della spiaggia. Tali solchi sono poi frequentemente utilizzati per l’accesso incontrollato alla spiaggia da parte di una popolazione di bagnanti e turisti che in occasione della stagione estiva raggiunge punte esorbitanti, insostenibili per un ambiente così vulnerabile.

Non è fuor di luogo rammentare come, analogamente alle spiagge, oltre alle valenze più strettamente ecologiche, le dune costiere hanno una forte valenza anche dal punto di vista paesaggistico, incrementando enormemente, come nel caso del Circeo, lo stesso valore turistico della costa.