Il mutamento o le anomalie meteoclimatiche, che in questi ultimi anni hanno caratterizzato sensibilmente il bacino mediterraneo, risultano avere rapidi effetti sulle comunità animali e vegetali del Mediterraneo.
Alcune anomalie termiche, rilevate durante il viaggio di Ulisse, nel corso dei 20 profili chimico-fisici che hanno esplorato con migliaia di misure lo strato superficiale della colonna d’acqua, anche se localizzate e comunque legate a rilievi puntuali, sembrano giustificare la risposta biologica alla variazione fisica data dalla diffusione di organismi tropicali (forse più sensibili dei nostri strumenti e della nostra capacità di misurarli).
Negli ultimi trent’anni si sono moltiplicate le segnalazioni di comparsa e sviluppo di specie estranee a determinate regioni biogeografiche, da imputarsi sia direttamente che indirettamente ad attività antropiche. Attualmente si contano circa 50 specie alloctone che si sono ambientate e riprodotte talmente bene da trovarsi comunemente in commercio come alcuni tipi di ricciola, di scorfano o di vongole provenienti da paesi esotici.
I motivi sono molteplici: l’apertura di canali attraverso barriere naturali che dividono regioni marine biogeografiche molto diverse, come ad esempio l’apertura del canale di Suez e quello di Panama; il trasporto di organismi aderenti alle carene delle navi; la creazione di “enclave” artificiali con caratteristiche fisiche estranee all’ambiente originale, come è il caso degli effluenti termici delle centrali; l’importazione di specie ai fini dell’acquicoltura; l’inquinamento ed il degrado ambientale che, indebolendo la nostra fauna ittica, permettono l’affermarsi di specie esterne più competitive di natura.
Ma anche il mutamento climatico globale, caratterizzato dalla variazione delle temperature, dal cambio delle stagioni e dall’aumento di anidride carbonica, costituisce un forte catalizzatore di tutti i meccanismi appena citati.
In vari casi vengono a verificarsi modifiche più o meno accentuate nell’ambito delle comunità marine, con creazione di nuovi equilibri.
Alcune specie originarie vengono infatti soppiantate da altre: l’Asterina gibbosa, piccola stella di mare lungo le coste medio-orientali è stata completamente sostituita dal 1970, da una specie affine la Asteria vega. Anche molti pesci del Mar Rosso d’interesse commerciale, vengono pescati sempre più frequentemente ed è stato rilevato che vengono a crearsi precisi equilibri tra le specie immigranti e quelle autoctone, con differente localizzazione sui fondali, in rapporto anche agli andamenti stagionali.
Insieme agli animali importati possono essere facilmente introdotte anche altre specie. Tre alghe delle coste giapponesi (Laminaria japonica, Undaria pinnatifida e Sargassum muticum) sono comparse dalla fine degli anni ’60 in tempi successivi, probabilmente importate dagli ostricoltori.
Dal 1984, è stata segnalata la presenza di un’altra alga tropicale, Caulerpa taxifolia che attualmente è presente in parte delle coste del Mediterraneo.
Questa alga, rinvenuta la prima volta nelle acque di Montecarlo, minaccia soprattutto un’ampia fascia di costa francese tra Tolone e Mentone e si riproduce e moltiplica ad una velocità impressionante, ricoprendo rapidamente ampie estensioni di fondali ed ostacolando, quindi, i cicli vitali degli altri organismi con alterazione degli equilibri ecologici del tratto di mare interessato.
Tra le osservazioni più significative merita, infatti, segnalare l’avvistamento, nei fondali di Scilla del nudibranco Melibe fimbriata, una specie poco comune che sarebbe entrata nel Mediterraneo attraverso lo stretto di Suez.
Nelle acque a sud della Sicilia i subacquei di Marevivo hanno avvistato, la scorsa estate, numerosi esemplari di pesce balestra (Balistes carolinensis) e di pesce pappagallo (Sparisoma cretense). Quest’ultima specie, che viveva fino ad alcuni anni fa molto più a sud, nelle acque dell’isola di Lampedusa, è oggi presente lungo le coste siciliane a conferma di come, oltre al fenomeno della tropicalizzazione, si assista ad un significativo cambiamento di distribuzione della fauna ittica, causato dalle mutazioni climatiche, che porta molte specie tipiche delle aree più calde del Mediterraneo ad espandersi verso nord.