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È appena arrivata dalla Commissione europea una proposta di regolamento per limitare il ricorso agli imballaggi in plastica monouso e promuoverne invece il riuso e il riciclo.

La volontà – si legge nei documenti – è quella di armonizzare le normative dei vari stati europei per andare nella direzione di una vera e propria economia circolare e di ridurre, entro il 2040, le quantità dei rifiuti del 15% rispetto a quelle del 2018 pro capite per Stato membro. Secondo le analisi comunitarie, questo porterebbe a una riduzione complessiva dei rifiuti nell’UE di circa il 37% rispetto a uno scenario senza modifiche della legislazione attuale.

Qual è il problema degli imballaggi di plastica?

In media, ogni cittadino europeo genera quasi 180 kg di rifiuti di imballaggio all’anno, circa mezzo chilo al giorno. Il problema si pone soprattutto nel sistema di distribuzione alimentare, dove l’abuso di packaging in plastica per confezionare frutta e verdura è ormai sotto gli occhi di tutti.

Nonostante molti tra distributori e consumatori lo preferiscano, perché credono che i prodotti si conservino meglio o siano migliori dal punto di vista igienico, la plastica che riveste i prodotti alimentari è dannosa, non solo per l’impatto ambientale dato dalla produzione e dallo smaltimento dei materiali di imballaggio – che spesso finiscono in mare e rappresentano una minaccia per gli animali che lo abitano – ma anche e soprattutto per il fatto che non lascia respirare il prodotto, creando un ambiente umido favorevole alla proliferazione di germi e batteri, e che può addirittura contaminare gli alimenti, rilasciando sostanze dannose per la salute umana, secondo quanto emerso da uno studio pubblicato sull’Environmental Health Journal.

Non solo: attualmente, gli imballaggi sono tra i principali prodotti a impiegare materiali vergini: il 40% della plastica e il 50% della carta utilizzati in tutta l’UE sono destinati esclusivamente all’imballaggio.

Quali sono gli obiettivi del nuovo regolamento UE?

Tre gli obiettivi principali della proposta di regolamento:

  • ridurre la quantità e limitare l’uso degli imballaggi non necessari, promuovendo soluzioni riutilizzabili e ricaricabili;
  • promuovere il riciclo “di alta qualità”, rendendo tutti gli imballaggi sul mercato riciclabili in modo economicamente sostenibile entro il 2030;
  • ridurre la necessità di risorse naturali primarie e creare un mercato ben funzionante per quelle secondarie, aumentando l’uso di plastica riciclata.

Per farlo saranno vietate alcune forme di imballaggio, come contenitori monouso per alimenti e bevande usati nei bar, packaging di frutta e verdura nei supermercati, flaconcini e altri piccoli imballaggi presenti negli hotel; verranno incentivati sistemi di deposito cauzionale per bottiglie di plastica e lattine in alluminio e introdotti tassi obbligatori di contenuto riciclato che i produttori dovranno includere negli imballaggi di plastica.

Un obiettivo abbastanza ambizioso?

Purtroppo no. Sicuramente è un segnale molto positivo che l’Unione Europea abbia proposto misure concrete per contrastare il problema, ma nonostante questo, gli obiettivi non sono abbastanza ambiziosi, perché il volume degli imballaggi è in crescita costante e la riduzione deve è il primo passo.

Non c’è più tempo: se non si agisce in fretta, entro il 2030 l’UE vedrebbe un ulteriore aumento del 19% dei rifiuti provenienti da imballaggi e, in particolare, del 46% dei rifiuti provenienti da imballaggi di plastica.

È necessario che la riduzione parta da ognuno di noi e dalle nostre scelte. Prendiamo ad esempio il settore dell’ortofrutta: ogni anno in Italia vengono utilizzati oltre 1,2 miliardi di vaschette in plastica per la vendita di frutta e verdura. Scegliere di acquistare prodotti sfusi ridurrebbe dell’80% l’utilizzo della plastica per questa categoria di prodotti.

Senza plastica, si può e dipende da noi. Se vogliamo, possiamo fare la differenza.