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Iniziate ieri le operazioni di sversamento in mare di acqua immagazzinata nella centrale nucleare di Fukushima, protagonista del peggior disastro nucleare dopo quello di Chernobyl, che da dodici anni impiega acqua per raffreddare il nocciolo del reattore, dopo la distruzione causata dal terremoto e dallo tsunami del 2011.

L’operazione, che continuerà per altri 20/30 anni, prevede lo scarico di oltre 1 milione di tonnellate di acqua, l’equivalente di 500 piscine olimpioniche, attraverso un condotto sottomarino proteso per un chilometro nell’oceano, lontano dalla costa. Nonostante le rassicurazioni da parte dell’Agenzia Internazionale per l’energia atomica, in realtà non esiste un protocollo per questi disastri, quindi la realtà è che non c’è certezza di quello che succederà al mare e ai suoi abitanti già duramente messo alla prova dalle conseguenze drammatiche delle attività antropiche come inquinamento e pesca eccessiva. 

Valerio Rossi Albertini, Professore di Divulgazione della Scienza, Chimico CNR e membro del Comitato Scientifico di Marevivo ci spiega cosa sta succedendo e quali sono i costi di questo incidente che non si esauriscono e continuano a creare danni all’ambiente e all’economia.

L’alternativa al nucleare di vecchia generazione esiste è rappresentata dall’introduzione di fonti di energia rinnovabile: sole, mare, vento, laghi, vulcani. Una transizione quantomai necessaria per tentare di tenere in vita un equilibrio fondamentale per garantire la vita umana su questo Pianeta.