L’azienda giapponese Kyodo Senpaku ha presentato dei distributori automatici per la vendita di prodotti alimentari a base di carne di balena, nella speranza di risollevare un business che sta svanendo anche per il crollo dei consumi.
Per secoli, la caccia alle balene è stata una delle tradizioni storiche del Giappone che ha suscitato più indignazione da parte dei gruppi di ambientalisti e dell’opinione pubblica. Infatti, il consumo di carne di balena e la caccia alle balene fanno parte della tradizione culinaria locale da secoli se non millenni: le prime tracce di consumo di carne di balena risalgono all’era Jomon (che va dal 4000 al 300 a.C.) mentre le prime tracce di arpioni per la caccia risalgono al XII secolo. Anche il leggendario Godzilla si ispira alla balena, come si può intuire dal suo nome Gojira, che ricorda la parola Kujira, ovvero balena, dando ulteriore prova dell’importanza culturale che questo possente mammifero marino ha sulla popolazione giapponese.
Oggi, la caccia ai cetacei è oggetto di una moratoria internazionale a protezione di queste specie che però non viene rispettata né tantomeno riconosciuta da alcuni Paesi, tra cui il Giappone, che a lungo ha continuato a cacciare balene avanzando motivazioni di “ricerca scientifica”. E mentre l’Islanda dichiara che non caccerà più le balene a partire dal 2024, riconoscendo che oggi questa attività non rende più, e non vale più lo sforzo né la disapprovazione del mondo, a Yokohama e nel resto del Giappone sorgono macchinette automatiche, che per pochi euro, vendono sashimi, bistecca e pancetta tutto rigorosamente di balena, nella speranza di risollevare le vendite di un alimento da tempo in declino ed evitato da molti supermercati.
Il divieto internazionale di caccia alle balene – istituito dal 1986 dalla Commissione internazionale (International Whaling Commission, Iwc) – ha aiutato alcune specie di cetacei a sopravvivere e ripopolare alcune aree selezionate. Anche dopo il divieto, sono ancora molti gli esemplari che muoiono, colpiti dalle navi, impigliati nelle reti dei pescatori o disorientati dal sistema sonar utilizzato dalle navi militari spesso, mentre si spostano verso nuovi habitat, a causa del surriscaldamento delle acque causato dalla crisi climatica.
Questa perdita ha un effetto negativo su specie ed ecosistemi e può anche avere un impatto sul clima: balene e altri grandi animali trasportano una notevole quantità di carbonio sul fondo del mare quando muoiono.
Lo afferma uno studio, pubblicato sulla rivista “Trends in Ecology and Evolution”. Tramite la loro dieta a base di krill e plancton fotosintetico, questi cetacei sono in grado di immagazzinare l’anidride carbonica, riducendone quindi la quantità presente nell’oceano e nell’atmosfera a causa delle attività umane. Il meccanismo è semplice, spiegano i ricercatori: questi cetacei consumano ogni giorno fino al 4% del loro massiccio peso corporeo in krill e plancton. Per la balenottera azzurra, questo equivale a quasi 18mila chilogrammi – afferma lo studio – Quando finiscono di digerire il cibo, gli escrementi espulsi sono ricchi di importanti sostanze nutritive che aiutano questi krill e plancton a prosperare, favorendo l’aumento della fotosintesi e l’accumulo di carbonio dall’atmosfera.
Addirittura, secondo gli scienziati, il loro ruolo potrebbe essere importante come quello delle foreste: ogni anno un albero assorbe poco meno di 106 kg di CO2, dice un rapporto del Fondo monetario internazionale del 2019, mentre una balena riesce a catturare fino a 33 tonnellate di CO2, grazie al suo peso, che può raggiungere 28 tonnellate, e alla longevità – molte vivono oltre i 100 anni!