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Un iter tortuoso durato quattro lunghi anni, per l’approvazione all’unanimità e la pubblicazione in Gazzetta ufficiale, e ora un anno e mezzo di stallo per la mancata applicazione dei Decreti attuativi.

Questa è la storia della Legge Salvamare, promossa da Marevivo, e sostenuta da tutto il mondo del Mare, e i motivi che hanno spinto la Fondazione ambientalista a organizzare un flash-mob lunedì 13 novembre, per lanciare un appello al Governo e sollecitare l’emanazione dei decreti per questo provvedimento legislativo.

A questo proposito, Valerio Rossi Albertini, membro del Comitato Scientifico di Marevivo, Professore di Divulgazione della scienza e Chimico CNR, ci ha offerto la sua riflessione sul tema.

“La vita sulla terraferma è stata mantenuta direttamente o indirettamente dalla loro azione: ci concedono gran parte dell’ossigeno che respiriamo, della pioggia che ci disseta e del cibo che ci sfama. Nell’ultimo secolo, loro malgrado, sono stati chiamati a svolgere anche un altro ruolo che non sarebbe di loro competenza: contrastare l’ottusità autolesionista del genere umano.

Il ruolo di discarica dei rifiuti plastici non biodegradabili; di sentina dei liquami tossici sversati senza controllo, né trattamento; di serbatoio per i gas serra che altrimenti avrebbero già saturato l’atmosfera, producendo effetti ancor più devastanti; di calmiere all’aumento di temperatura planetario. Tutte queste nobili attività non sono però senza effetto.

Le plastiche, a seconda del loro peso specifico, contaminano i fondali o la superficie. Si decompongono in frammenti sempre più piccoli fino a ridursi a matasse dei filamenti microscopici che le costituiscono, i polimeri. Le matasse somigliano ai microorganismi che formano il plancton e vengono ingerite dai pesci; si intridono di acqua e formano una gelatina che impedisce lo scambio di ossigeno con l’atmosfera soffocando le specie marine; si uniscono tra loro formando la zuppa che trattiene i frammenti di più grandi, ormai tristemente nota come “isola di plastica”.

I liquami tossici contaminano bracci di mare anche molto vasti, anche stavolta sia i fondali (quelli contenenti metalli pesanti), che la superficie (idrocarburi e oli).  I gas assorbiti dall’acqua la rendono l’acqua acida, esattamente come l’acqua frizzante piacevolmente acidula (in cui è disciolta proprio la CO2, il più abbondante dei gas serra). Piacevole forse quando accompagna cibi saporiti, ma non certo per le creature marine che in quell’acqua acida devono viverci…

Acqua acida ed eccezionalmente calda, che sulla terra scatena uragani e tempeste in regioni e a latitudini storicamente mai interessate da questi fenomeni estremi. Ma, soprattutto, che altera gli equilibri oceanici, provocando l’estinzione di intere specie. Specie a volte invisibili, di cui nessuno quindi si preoccupa, altre volte invece visibilissime, come la barriera corallina australiana, per metà ormai sbiancata.

Lo sbiancamento è l’effetto della morte dei polipetti colorati, che abitano lo scheletro calcareo e candido del corallo, e dei pesci variopinti che nella barriera vivevano. Le barriere coralline occupano solo l’un per mille della superficie oceanica, ma ospitano il 10% della biodiversità.

Urge un intervento. Ogni Paese si deve far carico dei mari di sua competenza territoriale. È intollerabile che leggi giudiziose, e lungamente perseguite, siano poi paralizzate dall’assenza di decreti attuativi. Rileggete quello che ho scritto sopra e ve ne renderete conto.

Non ho altro da aggiungere.

Ah sì, solo un’ultima cosa… SVEGLIA!!!!”

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