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Rossano Ercolini, noto ambientalista e vincitore del Goldman Environmental Prize è il Presidente di Zero Waste Europe e Zero Waste Italy. Coordinatore dell’osservatorio Rifiuti Zero del Comune di Capannori, è tra i principali fondatori della Rete Nazionale Rifiuti Zero.

Insieme alla Fondazione Marevivo ha lanciato nel 2023 la Campagna #Bastavaschette per chiedere anche in Italia una legge che vieti l’utilizzo di confezioni in plastica monouso per l’ortofrutta ma anche per sensibilizzare i cittadini ad acquisti più sostenibili e consapevoli.

Lo abbiamo intervistato in occasione dell’uscita del suo libro “Noi siamo Oceano. Manifesto per un’ecologia del cambiamento” (Baldini + Castoldi).

Partiamo dal principio. Noi siamo Oceano: cosa significa?

Sono abituato a spiegare ai bambini e per farsi capire da loro si deve essere semplici, brevi e usare esempi e racconti: ognuno di noi è una goccia e se ogni goccia rimane da sola evapora e al massimo diventa parte di una nuvola; invece se tutte le gocce si mettono insieme, allora questo è l’oceano…l’oceano del cambiamento. Dobbiamo insegnare non solo ai bambini ma anche a noi tutti a scoprire l’oceano che si trova dentro di noi attraverso un viaggio di “presa di coscienza”. Conoscere non è niente se non diviene consapevolezza. È vero, noi siamo piccole gocce ma dotate della potenza dell’Oceano.

Cosa intendi per "ecologia del cambiamento"?

Affinché l’opinione pubblica divenga consapevole della necessità e urgenza del cambiamento dobbiamo  contestualmente liberarla dalla “manipolazione” informativa: infatti sempre più la “comunicazione” corrente è assoggettata al marketing comunicativo teso a convincere (cioè a sconfiggere) il senso critico individuale per “occuparlo” con messaggi “suadenti” studiati e imposti dall’alto non tanto con la violenza ma al contrario con strategie che rimandano alle figure retoriche adoperate dalla pubblicità e tratte dall’eristica (arte adoperata per esempio dagli avvocati per convincere dell’innocenza o colpevolezza dei propri assistiti) di medievale memoria, come bene ci ha spiegato Umberto Eco.

Oggi la comunicazione è sempre più appiattita sulle “pubbliche relazioni” che non si fermano di fronte a nulla pur di affermare in modo unilaterale e cinico il messaggio della loro “promozione”. Ma questa è “comunicazione distorta” a cui dover pazientemente replicare con una comunicazione, al contrario, basata sulla inclusione e il coinvolgimento degli interlocutori chiamati ad esprimere i loro punti di vista e a inserirsi attivamente e in modo paritario in contesti comunicativi “liberati” da mistificazioni e interessi precostituiti. Senza l’applicazione di questa “terapia” assisteremo sempre più ad una comunicazione dall’alto, manipolata e menzognera asservita ad un “pensiero a senso unico”.

Mentre la “crisi ambientale globale” sempre più grave necessita di una urgente presa di coscienza dell’intera opinione pubblica pienamente consapevole della portata enorme di una sfida che può esser vinta solo con il generalizzato confronto democratico. L’Ecologia non può vincere “imponendosi”: può guidarci solo quando i “dati di conoscenza” della crisi ambientale diventano coscienza diffusa. Allora sarà l’oceano del cambiamento.

Riflettendo sulle sfide ambientali attuali, appare evidente che i vecchi modelli, centrati sul profitto e su un’economia di tipo lineare, non funzionano più. Quali sono i modelli di sviluppo alternativi da promuovere?

Alla base della crisi ambientale globale con il suo portato di guerre e di migrazioni bibliche nonché di ingiustizie sociali tra “ricchi sempre più ricchi” e “poveri sempre più poveri” si pone la “madre di tutte le patologie”. Trattasi della nozione di “progresso” che il mondo occidentale ha diffuso e spesso imposto divenuto il “modello di una economia e produzione usa e getta” che considera il Pianeta come una sorta di supermercato da cui prelevare a piacimento.

Questo “progresso” si basa su un percorso lineare che inizia con la estrazione delle materie prime, si articola attraverso la produzione o manifattura, approda all’agognato consumo per terminare con lo smaltimento per poi di nuovo ripartire dalla estrazione in un “patologico” circolo vizioso. Ma la natura non funziona così: essa è in grado di darci tutto ma ha bisogno dei tempi necessari per rigenerare le risorse prelevate; essa funziona in modo circolare, non è né bene, né male. Semplicemente o il genere umano si adegua o sarà “game over”.

Il raggiungimento di questi traguardi può prescindere da una presa di coscienza collettiva?

Credo di aver già descritto come realizzare un “percorso” di presa di coscienza. Semmai occorre aggiungere il ruolo cruciale degli attivisti da intendere quali “facilitatori” e “acceleratori” di questo cambiamento.

Quali le azioni positive/soluzioni concrete per la salvaguardia del pianeta?

Le azioni da intraprendere per innescare i cambia-menti sono di due tipi complementari tra loro. I cambiamenti legati ai nostri “stili di vita” (ognuno di noi può e deve fare qualcosa) e i “cambiamenti di sistema”. Nel primo caso possiamo dire che, sì, ci troviamo di fronte a cambiamenti “microscopici” (per esempio: evitare di acquistare alimenti contenuti in vaschette e imballaggi in plastica usa e getta, fare l’auto compostaggio domestico, fare un’attenta raccolta differenziata, promuovere e/o partecipare a pulizie collettive di spiagge o parchi e giardini vessati dall’abbandono di rifiuti ecc.) ma pur essendo apparentemente poco impattanti attraverso la “forza dell’esempio” possono diventare “virali” e “anticipare” gli stessi cambiamenti di “sistema”.

Contestualmente lanciare campagne, raccolte di firme, fare pressione democratica sulle istituzioni affinché adottino normative per esempio che favoriscano il riuso e la riparazione, il vuoto a rendere e l’economia circolare (per esempio con gli “acquisti verdi”) contribuisce a cambiare gradualmente la “struttura del sistema). Certamente, promuovere la strategia rifiuti zero rappresenta una grande opportunità per connettere entrambi gli aspetti di cui sopra.

I successi ottenuti ce lo dicono: 331 comuni che hanno scelto di seguire il Progetto Zero Waste rappresentanti oltre 7 milioni di abitanti e i buoni risultati raggiunti a livello nazionale sulla raccolta differenziata che nel 2022 ha raggiunto e superato il 65% e che in intere province e regioni sfiora e a volte supera l’80%(oltre al Veneto c’è la Sardegna e la stessa provincia di Trapani a dimostrazione che anche il sud del nostro Paese può essere virtuoso quando gli si mettono a disposizione le buone pratiche ambientali).

Dopo tanti anni di impegno, in particolare nella lotta all'inquinamento da plastica, si iniziano a vedere i primi risultati? La strada per la transizione ecologica è ancora lunga?

Sulla riduzione della plastica i gruppi dirigenti del nostro Paese sembrano non voler nemmeno ascoltare l’Europa che spinge per una normativa volta a ridurla a partire proprio dagli imballaggi plastici usa e getta. L’Italia scioccamente sta cercando di frenare questa spinta al cambiamento con argomenti infondati mentre la stragrande maggioranza dei Paesi UE (da Malta a Cipro, dalla Spagna alla Germania, Austria e Francia ecc.) sta già adottando modalità di confezionamento penalizzanti il monouso secondo le quali non è più possibile per esempio acquistare frutta e verdura in imballi che contengano meno di un kg di prodotto.

Nonostante questa “allergia” da parte del Governo italiano (che rincorre e fa sua la strampalata narrazione della prevalenza di Confindustria) anche se solo dal basso le cose stanno cambiando. Un esempio: se prendiamo il settore della pasta esso ormai sta superando il ricorso a confezioni di plastiche e/o multimateriali cosi come in quello dei biscotti. È ovvio però che se ci affidiamo solo alla “spontaneità” dei sistemi distributivi le conquiste rischiano di non essere durature ed è per questo che supportiamo gli orientamenti UE in materia.

Poi se ognuno vuol farsi coinvolgere il Centro Ricerca Rifiuti Zero ha promosso “Raccomandata per te”: uno spazio informatico attraverso il quale ogni cittadino consumatore può scrivere al produttore che a suo avviso adopera modalità di imballaggio “sprecone” e non riciclabili. Se vorrà farlo basta che contestualmente a scrivere una lettera indirizzata al Produttore in questione metta in conoscenza il Centro RZ che non mancherà, in caso di non risposta, a rincarare la dose, così come avvenuto per il caso studio sulle capsule per il caffè monodose attraverso la lettera a Lavazza.

NOI SIAMO OCEANO.

Se la tenacia dell’Italia migliore che adotta già adesso buone pratiche, come credo, riuscirà ad estendere la propria influenza civica e culturale la transizione ecologica riuscirà ad accelerare i propri percorsi.

Certo è che se i “capi di governo” o Confindustria continueranno a “remar contro” trattando da “ambientalisti ideologici” tutti coloro che si impegnano nel disseminare le buone pratiche ambientali non sarà facilissimo accedere a sempre più diffusi modelli economici e di consumo circolari. Ma la crisi ambientale globale con il suo corollario di impatti disastrosi (vedi le frequenti alluvioni, la scarsità di materie prime che provoca crescenti e sempre più acuti crisi geopolitiche, una qualità della vita urbana sempre più scadente che pone sempre più a rischio di malattie le popolazioni a partire dai bambini) sta lì a denunciare l’insipienza di chi “dovrebbe fare” e invece ” non fa niente” per rendere più circolari i nostri modelli di produzione e di socializzazione.

Non abbiamo un PIANO B (ce lo dicono i numeri, ce lo dice la scienza, altro che l’ideologia): o ci incamminiamo con determinazione verso un cambio radicale di modello o il resto al netto della propaganda faziosa sarà solo stupida perdita di tempo. A noi, comunque, spetta di essere ancora più coinvolgenti assumendo la creatività, il buonumore e la tenacia quali compagni di viaggio per passare da una “società ego-LOGICA a una ECO-LOGICA” l’unica davvero possibile e ripacificata con la Natura.

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