La plastica, lo sappiamo, è ormai ovunque: nell’aria che respiriamo, nei prodotti alimentari e nell’acqua che beviamo, nel nostro sangue e persino nella placenta umana. Secondo i dati UNEP diffusi durante l’ultima Conferenza sugli Oceani tenutasi lo scorso luglio 2022, la plastica è la frazione più grande, più dannosa e più persistente dei rifiuti in mare e rappresenta almeno l’85% dei rifiuti marini totali.
Tra le molte ricerche che studiano gli effetti dannosi delle microplastiche sulla vita marina, ce n’è una recentissima che ha descritto, per la prima volta, una malattia nuova che colpisce gli uccelli, causata direttamente dalla plastica.
Si chiama “plasticosi” ed è stata scoperta da un team di ricercatori internazionali, guidato dal Museo di Storia Naturale di Londra, che ha analizzato il tessuto dello stomaco degli uccelli, dimostrando come l’ingestione di plastica provochi danni irreparabili all’apparato intestinale degli animali e non solo.
Lo studio
Lo studio – pubblicato sulle pagine del Journal of Hazardous Materials – ha lavorato su un campione di 21 esemplari deceduti di berta piedicarnicini (Ardenna carneipeps), un grande uccello marino che vive sull’Isola di Lord Howe, in Australia. Nonostante l’isola si trovi a più di 600 chilometri dalle coste australiane, questi animali sono ritenuti tra i più contaminati al mondo dalla plastica.
Gli animali sono stati sottoposti a necroscopia e la plastica ingerita dal proventricolo e dal ventriglio è stata essiccata, contata, pesata, ordinata per tipo e colore e conservata separatamente, secondo i protocolli esistenti.
Le materie plastiche sono state identificate mediante ispezione visiva e fisica e, ove necessario, è stata utilizzata l’ispezione con microscopi di dissezione. Sono state contate solo le particelle visibili ad occhio nudo (~1 mm e oltre).
I risultati
I risultati hanno dimostrato che ogni uccello aveva ingerito in media dai 32 ai 53 pezzi di oggetti di plastica, con una massa media di 3-5grammi circa, una quantità in crescita rispetto ai dati dello scorso anno.
Studiando le berte, che scambiano i frammenti di plastica per cibo, i ricercatori hanno scoperto l’insorgere di una vera e propria fibrosi intestinale, che avviene in risposta allo stato di infiammazione prodotto dalla plastica.
È stata notata una chiara ed evidente formazione di tessuto cicatriziale nel proventricolo (la prima camera dello stomaco degli uccelli) in quasi tutti i campioni valutati e un’alterazione delle ghiandole tubolari (quelle che secernono i composti digestivi) e delle loro funzionalità. Quando la plastica viene ingerita, infatti, queste ghiandole, che sono cruciali per la digestione e l’assorbimento di proteine e nutrienti, perdono gradualmente struttura e funzionalità, causando un’atrofizzazione e un’acidificazione dello stomaco degli uccelli, che li rende più vulnerabili a infezioni e parassiti.
“Gli effetti fisiologici connessi con l’ingestione di plastiche includono conseguenze gravi negli animali, come l’ostruzione del tratto gastrointestinale e quindi il passaggio del cibo nell’intestino, il blocco della secrezione degli enzimi digestivi, la diminuzione dell’appetito, l’abbassamento del livello degli ormoni steroidei, l’ovulazione ritardata e il fallimento riproduttivo. – dichiara Paolo Monti, ornitologo di Marevivo – Visto l’incremento della produzione dei manufatti in plastica e il conseguente aumento della loro diffusione in mare, l’impatto della plastica sulla vita degli animali che vivono in ambiente marino è destinato purtroppo ad aumentare.”
Trappole mortali
La plastica si concentra negli oceani sotto forma di microplastiche, frammenti di plastica inferiori a 5 millimetri che, una volta ingeriti, possono accumularsi lungo la catena trofica, fino ad arrivare all’apice della piramide dove si ritrova l’uomo come ultimo consumatore, con possibili fenomeni di bioaccumulo nei singoli organismi e biomagnificazione lungo la catena.
I detriti di plastica sono una minaccia perché impattano sugli animali in due diverse modalità:
- Impatto diretto: molti studi hanno dimostrato che pesci, rettili e mammiferi marini ingeriscono plastica scambiandola per cibo. Detriti grandi e piccoli causano irritazione e danni al sistema digestivo. Se la plastica rimane nell’intestino senza riuscire ad essere espulsa, l’animale non riesce a nutrirsi e può morire per malnutrizione e fame. Secondo i dati UNESCO, circa 100.000 mammiferi marini vengono uccisi ogni anno dalla plastica e almeno un milione di uccelli marini muoiono annualmente a causa della plastica ingerita.
- Impatto indiretto: i detriti plastici accumulano sostanze inquinanti da 100 mila a 1 milione di volte i livelli riscontrati nell’acqua di mare e alcune di queste sostanze sono da tempo bandite a livello internazionale. Ancora non è chiaro come questi inquinanti possano trasferirsi dalle plastiche agli animali. In questo caso, composti inquinanti come gli ftalati rendono le plastiche mortali tanto per i danni fisici, quanto per la tossicità data dalle sostanze chimiche che contengono.
Gli effetti più immediati dell’ingestione di plastica sono facilmente osservabili soprattutto in grandi vertebrati filtratori, come la Balenottera comune (Balaenoptera physalus) o lo Squalo elefante (Cetorhinus maximus), ma le plastiche sono state rinvenute anche nei contenuti stomacali di tanti predatori attivi quali uccelli, rettili, mammiferi marini, pesci e cefalopodi.
Gli uccelli che si nutrono di organismi planctonici hanno una più alta incidenza nell’ingestione delle plastiche rispetto a quelli che si nutrono di pesci, dato che la forma dei frammenti plastici è più simile al plancton e possono quindi essere scambiati per cibo.
In una specie in particolare l’effetto di questo tipo di inquinamento è drammaticamente evidente: l’albatro di Laysan (Diomedea immutabilis). Gli adulti appartenenti a questa specie raccolgono frammenti plastici scambiati per cibo e con questi alimentano i loro pulcini. Tuttavia, mentre gli adulti possono rigurgitare la plastica che hanno ingerito, i pulcini non sono in grado di farlo e per questo motivo sono destinati a morire con lo stomaco pieno di plastica.