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Per la Giornata Internazionale di Sensibilizzazione sul Rumore, conosciamo insieme i suoni del mare e la loro interazione con i rumori prodotti dall’uomo

Siamo davvero sicuri che gli animali marini non sentano e non emettano suoni? Anche se non possiamo vedere le orecchie e le corde vocali dei pesci e di altre specie, questo non significa che non emettano o sentano suoni. Nell’ambiente acquatico, in particolare in quello marino, il suono percorre distanze considerevoli e la sua velocità di propagazione è maggiore rispetto all’aria. Molte specie marine, sfruttano il suono per adattarsi nel loro ambiente, stabilire comunicazioni, individuare il cibo, navigare e orientarsi.

Scopriamo insieme alcune delle specie che utilizzano i suoni per le loro attività.

Il canto delle balene è uno dei suoni più belli e poetici del mare. Le balene sono creature molto sociali e utilizzano un’ampia serie di suoni a seconda delle necessità. Si è scoperto che i canti delle balene siano in diversi “dialetti” tra i vari branchi della stessa popolazione. Questo probabilmente per permettere loro di distinguere le balene all’interno del loro branco da quelle estranee.

I “click” dei capodogli, invece, quando si sono in aggregazione, assomigliano a quelli di una squadra di falegnami impegnati in un lavoro, da cui il nome colloquiale di “pesce falegname”.

Il repertorio di vocalizzazione dei delfini riflette i loro adattamenti sociali e tattici ad alta velocità. Utilizzano vocalizzazioni a media frequenza per l’interazione sociale (all’interno della nostra banda uditiva umana) e bio-sonar ad alta frequenza per percepire l’ambiente circostante e “vedere” le prede. Dopo il tursiope, i beluga sono probabilmente i cetacei con il repertorio di vocalizzazioni sociali più variegato e allegro. Hanno anche un melone molto plastico che può cambiare forma ed è associato al bio-sonar e all’udito, ciò indica un repertorio sonoro molto complesso.

Ma l’animale più rumoroso dell’oceano è un piccolo crostaceo presente nelle acque temperate di tutto il mondo: si tratta del gambero pistola (Cragnon Synalpheus, C. Alpheus) che produce uno schiocco estremamente forte, simile a quello di un popcorn. Le sue caratteristiche grandi chele hanno un aspetto simile a una pistola con un “martello” che scatta e crea una bolla di cavitazione così forte da stordire la preda. Lo studioso di bioacustica, John Potter ha ipotizzato che il suono del gambero pistola si rifletta sugli oggetti sommersi, permettendo agli animali marini di “vederli” passivamente.

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Posizionando un microfono sott’acqua, oltre ai suoni biologici, è possibile registrare anche molti rumori prodotti dalle attività umane. Il rumore subacqueo prodotto dall’uomo è una fonte di stress per la vita marina, che è tutt’altro che “sorda” o insensibile alle vibrazioni causate dalle emissioni acustiche. Eliche di navi, fucili ad aria compressa (airguns) utilizzati per localizzare depositi di combustibili fossili, piattaforme di perforazione e molte altre attività introducono rumore nell’ambiente marino.

Il rumore a bassa frequenza generato dalle navi che solcano l’oceano globale produce un rumore di fondo costante che si sovrappone esattamente alla gamma di frequenze per l’udito e la comunicazione delle grandi balene e di molti altri animali marini. A seconda della sua intensità, il rumore può disorientare o addirittura uccidere la vita marina, dalle piccole forme planctoniche (comprese le larve di pesce) ai pesci adulti, causando gravi lesioni interne, danni cellulari alle statocisti e ai neuroni, con conseguente disorientamento e perdita dell’udito, e in alcuni casi lesioni alle vesciche natatorie, essenziali per la galleggiabilità e la navigazione. Anche i cetacei, che comunicano emettendo suoni anche a grandi distanze, sono pericolosamente minacciati dai rumori antropici che causano disorientamento durante la navigazione e provocano ‘ship strikes’, in cui le navi si scontrano con le balene, con conseguenti ferite mortali e spiaggiamenti di massa sulle coste di tutto il mondo.

Durante la pandemia di COVID-19, molte attività industriali sono state rallentate o interrotte e il traffico marittimo è stato ridotto, lasciando balene e altri animali marini meno “stressati” e in grado di comunicare meglio tra loro. In questo momento storico è stato possibile registrare nuovi suoni della natura sommersa e studiare i canti delle balene ed i vari suoni emessi da altri cetacei in relazione al loro comportamento. Il lockdown è stato il primo momento di benessere per le specie marine, che si sono liberate dopo decenni dell’inquinamento acustico. Questo ci fa riflettere su quanto sia importante mantenere il rumore di fondo negli oceani entro livelli che garantiscano il continuo e ininterrotto scambio di informazioni tra gli organismi che li abitano.