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L'editoriale della nostra Presidente Rosalba Giugni su La Repubblica

L’ecologia deve diventare contenuto curricolare, con la formazione degli educatori, in tutti i percorsi di studio, dalla primaria all’università. Senza una cultura completa e condivisa, la transizione ecologica sarà destinata al fallimento.

«Meno sai di una cosa, meno valore ha per te ed è quindi più facile da distruggere». Così l’attivista indigena Nemonte Nenquimo, soprannominata “l’eroina dell’ambiente”, uno dei volti più importanti dell’America Latina, si rivolgeva ai leader della Terra, nell’ottobre 2020, mentre gli incendi stavano devastando la sua Amazzonia. Le sue parole ci tornano alla mente oggi, nei giorni in cui i nostri ragazzi si ritrovano sui banchi di scuola. Pur non avendo nessuna responsabilità saranno soprattutto loro a subire le conseguenze del cambiamento climatico che le azioni dell’uomo hanno determinato. Ma rappresentano anche la possibilità di gettare le basi perché ci sia una vera inversione di tendenza.

Ci lasciamo alle spalle un’estate di eventi climatici estremi. La situazione che stiamo vivendo ci pone di fronte alla necessità di attuare una transizione ecologica, che prima di tutto è una transizione culturale, una sfida epocale che ci impone di passare a una nuova cultura della sostenibilità in cui i cittadini siano resi consapevoli delle proprie scelte nel rispetto dell’ambiente. Dobbiamo transitare verso una cultura che ristabilisca il giusto rapporto tra noi e la Natura.

Per questo riteniamo necessaria l’introduzione una vera educazione ambientale nella scuola italiana. Sottolineiamo vera, perché la legge 92/2019 ha già introdotto nelle nostre scuole l’insegnamento dell’educazione civica che comprende anche l’educazione ambientale.

Si tratta però di una sola ora alla settimana, con una quantità di contenuti da trattare amplissima che va dalla Costituzione all’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, dall’educazione alla legalità fino all’educazione stradale. Non è questo il percorso che abbiamo in mente.

Come scrive il professor Ferdinando Boero, zoologo, «la transizione culturale deve essere condivisa a livello dell’intera società e la scuola è strumento di elezione per la trasmissione di una visione del mondo da una generazione all’altra». Questa transizione non si realizza attraverso qualche informazione sui sistemi ambientali durante l’ora di educazione civica o con piccoli progetti di educazione ambientale.

L’ambiente deve essere argomento trasversale e interdisciplinare a tutti gli insegnamenti, l’ecologia deve diventare contenuto curricolare, con un’opportuna formazione degli educatori, in tutti i percorsi di studio, dalla scuola primaria all’università: senza una cultura ecologica completa e condivisa, la transizione ecologica sarà destinata al fallimento.

Quanto sia fondamentale la consapevolezza dell’importanza delle proprie scelte è dimostrato anche dai risultati di un sondaggio realizzato da IPSOS per Marevivo: per il 90% degli intervistati governo e istituzioni dovrebbero fare di più per sensibilizzare i cittadini sul tema del rispetto dell’ambiente attraverso leggi più rigorose e una migliore informazione.

Ernst & Young ha invece condotto un’analisi tra i ragazzi della cosiddetta generazione Z, quella che va dai 10 ai 24 anni: il 77% vorrebbe che a scuola si insegnasse educazione ambientale.

Eppure una legge che obbliga a una vera educazione ambientale esiste già: è la “Legge Salvamare, entrata in vigore a giugno 2022.

Impone “la realizzazione di attività volte a rendere gli alunni consapevoli dell’importanza della conservazione dell’ambiente”, oltre a prevedere la diffusione nelle scuole di pratiche corrette di raccolta differenziata, recupero e riuso di beni e prodotti a fine ciclo.

Ma da oltre un anno dalla sua entrata in vigore, mancano ancora i decreti attuativi, necessari per renderla operativa.

Nella bozza del nuovo Piano del Mare, approvato il 31 luglio dal Cipom (Comitato interministeriale politiche del mare), viene assegnato un ruolo rilevante all’educazione alla sostenibilità, con particolare riferimento all’educazione al mare che deve riguardare tutti i livelli dell’istruzione, dalle scuole alle università, e comprendere una formazione dedicata anche a chi è fuori dal circuito scolastico.

In questo contesto, il Piano chiama le associazioni presenti sul territorio a fare la loro parte per accompagnare studenti, docenti, cittadini in questo percorso di conoscenza.

Sulla carta ci sono gli strumenti per riprogettare il modo in cui la scuola può preparare gli studenti alla transizione ecologica. Decidere di tenerli nel cassetto, nel pieno di una crisi climatica, è un errore che non ci possiamo permettere.