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A Belém si lavori per salvare il polmone blu del pianeta

Salviamo le foreste tropicali, ma non dimentichiamo gli oceani. Questo il monito che parte dalla Fondazione Marevivo, alla vigilia della COP30. Il summit sul clima di Belém vedrà giustamente come protagonista la salvaguardia del polmone verde più grande del Pianeta: la foresta amazzonica. Ma occorre urgentemente agire sulla tutela degli oceani come vera e propria risorsa per la stabilità climatica.

Il mare è una gigantesca ‘spugna di calore’, assorbe e immagazzina la maggior parte dell’energia in eccesso accumulata nel sistema climatico terrestre: si stima che circa l’89% del calore in eccesso generato dai gas serra sia immagazzinato dagli oceani. Questa straordinaria capacità di termoregolazione è oggi al limite, con conseguenze allarmanti: la forza distruttiva di Melissa, l’ultimo ciclone caraibico di categoria 5, dipende dal riscaldamento drammatico degli oceani, il loro tasso di riscaldamento è quasi raddoppiato negli ultimi 20 anni.

La grande capacità di assorbimento rende il mare una grande forza regolatrice. Gli oceani sono il più grande “pozzo di carbonio” del Pianeta: storicamente, hanno catturato circa il 25-30% delle emissioni di CO₂​ provocate dalle attività umane. Alcuni studi recenti suggeriscono che la capacità di assorbimento annuo di carbonio possa essere pari a circa 15 miliardi di tonnellate, un dato al rialzo rispetto alle stime precedenti. Metà dell’ossigeno che respiriamo arriva dal mare: attraverso il fitoplancton, gli oceani producono oltre il 50% dell’ossigeno disponibile sulla Terra, rendendoli vitali quanto e più le foreste terrestri.

“Il mare è il nostro migliore alleato contro il caos climatico, ma lo stiamo portando al collasso. Le decisioni della COP30 devono riflettere questa realtà. Proteggere gli oceani è una misura di adattamento e mitigazione climatica tra le più efficaci, se non la più efficace, che abbiamo a disposizione – spiega Rosalba Giugni, presidente di Marevivo. – Dobbiamo agire subito per proteggere almeno il 30% degli oceani entro il 2030, come richiesto dalla comunità scientifica e dagli accordi internazionali. Servono impegni specifici e misurabili per la protezione degli ecosistemi marini e costieri – continua Giugni. – Difendere le ‘foreste blu’ di mangrovie e le praterie sottomarine come strumento di mitigazione del carbonio; investire in programmi di osservazione degli oceani per comprendere appieno l’accelerazione dei cambiamenti e sviluppare strategie di adattamento efficaci; affrontare congiuntamente cambiamento climatico, perdita di biodiversità e inquinamento – in particolare, da plastica – che minacciano la salute degli oceani e la loro funzione climatica”.

Dall’inizio della rivoluzione industriale, l’assorbimento di CO₂​ da parte degli oceani ha portato a un aumento dell’acidità di circa il 30%, mettendo a rischio ecosistemi come le barriere coralline. Inoltre, dagli anni ‘50, l’oceano ha perso circa il 2% dell’ossigeno disciolto. L’espansione termica dell’acqua, dovuta all’aumento delle temperature, è responsabile di circa il 30-40% dell’innalzamento contemporaneo del livello del mare, una minaccia diretta per le comunità costiere globali.

Fondazione Marevivo auspica, dunque, che la COP30 dia finalmente una svolta decisiva all’attuazione della transizione ecologica, che impone decisioni urgenti non più procrastinabili.

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