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In Italia alcune best practice dimostrano che è possibile contrastare il fenomeno

Le coste italiane sono tra le prime vittime dell’overtourism. Secondo la recente indagine di Demoskopika, che ha analizzato l’indice complessivo di sovraffollamento turistico delle province italiane, ben otto tra le prime quindici per situazione critica sono caratterizzate dal turismo balneare. Un dato preoccupante perché, se è vero che il mare è una risorsa fondamentale per la nostra economia, è altrettanto vero che il turismo selvaggio sta compromettendo in modo irrecuperabile l’ecosistema marino: dalla pressione antropica fuori controllo che impatta sulle coste e sulle spiagge, agli ancoraggi sotto costa che devastano le praterie di Posidonia, fino al disturbo costante degli organismi marini. A lanciare l’allarme è Fondazione Marevivo, che da quarant’anni si occupa di tutela del mare, e chiede norme più stringenti per regolamentare il turismo.

Gli impatti dell’overtourism, ricorda Marevivo, sono innumerevoli: degrado del fondale, disturbo alla fauna locale e forte pressione antropica su un tratto di costa fragile e privo di adeguati servizi di gestione, abbandono di rifiuti. Per quest’ultimo, la minaccia più insidiosa è rappresentata naturalmente dalla plastica, che costituisce il 60% dei rifiuti abbandonati sulle spiagge. Un inquinamento certo non solo visivo: ad allarmare è soprattutto la presenza di microplastiche, frammenti più piccoli e insidiosi, che raggiungono concentrazioni record di 64 milioni di particelle fluttuanti per chilometri in alcune zone. Il Mediterraneo, pur rappresentando l’1% dell’acqua presente nel mondo, concentra il 7% delle microplastiche globali (fonte UNEP).

“Quando parliamo di overtourism – spiega Rosalba Giugni, Presidente di Marevivo – pensiamo subito a Venezia, Roma o Firenze. Non ci soffermiamo quasi mai ad evidenziare come, invece, il mare con i suoi delicati ecosistemi sia stato una delle prime vittime del turismo di massa e dell’inquinamento che spesso ne deriva. Eppure, nel nostro Paese esistono già casi di successo che hanno risolto positivamente il fenomeno. Amministrazioni lungimiranti che hanno capito che tutelare il patrimonio e la bellezza ambientale è un incentivo, e non un freno, per l’economia legata al turismo”.

La Fondazione evidenzia dunque come sia possibile, ed è già praticata con successo, la convivenza tra turismo e tutela dell’ambiente. Tra alcune delle buone pratiche adottate in Italia, Marevivo ricorda quelle delle spiagge della Sardegna, dalla Pelosa alla Spiaggia Rosa, ormai da anni a numero chiuso, dotate di un sistema di prenotazione online. O il caso del Comune sardo di Baunei che, dopo aver introdotto il numero chiuso alle famose spiagge del Golfo di Orosei, come Cala Luna, Cala Goloritzè, Cala Mariolu, dall’estate 2025 ha stabilito un numero giornaliero ristretto anche per i natanti. Di spicco il caso del Comune di Gallipoli, nel Salento, che ha rimosso un famoso stabilimento, quello noto per la musica a tutto volume e migliaia di persone e relative macchine parcheggiate sulle dune, per rinaturalizzare la porzione di litorale ora fruibile solo a piedi o in bicicletta. O ancora la zona delle Cinqueterre, dove per regolamentare i flussi turistici nel suo fragile territorio, sono stati introdotti la ZTL del mare e i sentieri percorribili a senso unico. Degno di rilevanza anche il caso di successo delle Isole Egadi che, per contrastare l’ancoraggio selvaggio e l’aratura dei fondali a danno delle importantissime praterie di Posidonia, nelle cale più frequentate ha installato dei campi boa per l’ancoraggio sicuro prenotabili online. E poi in Toscana, dove da sempre esiste il numero chiuso nelle spiagge del Parco della Maremma, tra cui la celeberrima Cala Violina. La carrellata delle best practice non può non includere la famosissima spiaggia dell’Isola dei Conigli di Lampedusa, trasformata da carnaio con migliaia di persone, macchine e trackfood, in paradiso per le tartarughe marine.

Per fortuna, quindi, accanto a tanti esempi negativi ce ne sono alcuni positivi in grado di dimostrare che, laddove buon senso e lungimiranza prevalgono sulle logiche economiche e turistiche, è possibile contenere il fenomeno dell’overtourism e intervenire concretamente per preservare il delicato ecosistema marino, contrastando le conseguenze deleterie che questo fenomeno genera sul mare e sui preziosi organismi che lo popolano.

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