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Fondazione Marevivo lancia l’allarme: gravi conseguenze del riscaldamento sulla fauna marina e sull’economia della pesca

Il riscaldamento del mare, accelerato dai mutamenti climatici, rappresenta uno dei fattori più preoccupanti per la salute del Mediterraneo e per la sopravvivenza della sua fauna marina. Tra le specie a rischio anche molti capisaldi della tradizione enogastronomica italiana, come le cozze e le vongole che, se esposte a temperature superiori ai 30 gradi per alcuni giorni, fanno registrare morie di massa.  In questi giorni, Fondazione Marevivo richiama l’attenzione sull’impatto di questo fenomeno e sull’emergenza che negli ultimi anni sta causando stragi di fauna marina, con rilevanti ripercussioni economiche, ambientali e sociali.

“Le vongole, sottoposte a temperature superiori a 28-30°C, possono soffrire di mortalità di massa, poiché dentro i sedimenti dei fondali in cui vivono soffocano a causa della riduzione dell’ossigeno dovuta all’aumento delle temperature. Purtroppo, in Italia, non mancano esempi degli impatti del mare caldo: nella Laguna di Venezia e nel Delta del Po sono stati registrati eventi di mortalità di massa estivi. Nel Mediterraneo occidentale è stata segnalata la riduzione dell’abbondanza di vongole dopo le ondate di calore del 2015, 2017 e 2022”, spiega il Prof. Roberto Danovaro, Università delle Marche e Presidente della Fondazione Patto con il Mare per la Terra.

“Dal 1980 ad oggi – denuncia la Fondazione ambientalista – la temperatura superficiale media del Mediterraneo è aumentata di circa +1,5°C, ma è soprattutto l’intensificarsi delle ondate di calore estive a provocare mortalità di massa di specie chiave come cozze, vongole, ricci di mare, crostacei, foreste algali e animali, elementi indispensabili per la biodiversità e la salute degli ecosistemi marini”.

Non meno preoccupante è il quadro per le cozze, soprattutto quelle naturali come il famoso “mosciolo di Portonovo”, presidio Slow Food della Costa del Conero in Adriatico. “Gli organismi bentonici, che vivono attaccati al fondale o dentro i sedimenti, sono i più vulnerabili – aggiunge ancora il Prof. Danovaro. – Non potendo spostarsi, spesso muoiono soffocati dallo stress termico e dalla riduzione dell’ossigeno, con conseguenze che si trascinano per anni, come dimostra l’esempio delle cozze selvatiche del Conero che, decimate nel 2024, a distanza di un anno stentano a recuperare. Questo caso è emblematico e preoccupante poiché conferma che gli effetti delle alte temperature marine possono persistere a lungo termine”.

Gli organismi bentonici, ovvero quelli che vivono sul fondale marino (stelle marine, spugne, coralli etc…) sono indifesi rispetto al riscaldamento del mare, poiché non hanno la possibilità di sfuggire alle alte temperature dell’acqua, al contrario dei pelagici che possono muoversi per andare alla ricerca di condizioni più favorevoli. Anche gli organismi che formano le foreste algali, come le grandi alghe brune e le gorgonie rosse, stanno vivendo perdite importanti. Le foreste di alghe, fondamentali per la biodiversità e la riproduzione di molte specie marine, sono state compromesse dallo stesso fenomeno e non si sono ancora riprese del tutto. Le elevate temperature dell’acqua insistono negativamente anche su specie teoricamente favorite dal mare caldo, basti pensare alla Posidonia oceanica, una pianta endemica del Mediterraneo che sopra i 30°C soffre a tal punto da “sbiancare” a causa dello stress termico eccessivo, fenomeno mai osservato prima.

Un altro dato da non sottovalutare riguarda poi l’invasione delle specie aliene – ne sono state riscontrate più di mille – che, soprattutto dopo l’apertura e l’ampliamento del Canale di Suez che unisce il Mar Rosso al Mediterraneo, minacciano la biodiversità autoctona alterando ecosistemi e paesaggi sottomarini. Si pensi all’invasione del Granchio Blu, una specie prima inesistente nel Mare nostrum.

“I dati scientifici – sottolinea, in conclusione, Fondazione Marevivo – sono chiari: il mantenimento della biodiversità è lo strumento più efficace nella lotta ai cambiamenti climatici, poiché rende gli habitat più resistenti nel contrasto agli effetti deleteri della crisi climatica. Ragione in più per accelerare il processo di protezione del mare e della sua preziosa biodiversità, con la costituzione di nuove Aree Marine Protette, l’espansione di quelle già esistenti – cosa che peraltro ci chiede l’Europa, avendo l’impegno di proteggere il 30% dei mari entro il 2030 – e la ratifica di un Accordo Internazionale sulla Biodiversità per proteggere l’ecosistema marino, già proposto da Marevivo in occasione della Terza Conferenza delle Nazioni Unite sugli Oceani (UNOC3) di Nizza”.

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