Skip to main content

In merito alla pubblicazione della proposta di Regolamento Europeo “PPWR” (acronimo di Packaging and Packaging Waste Regulation), la Coalizione della Campagna “A Buon Rendere, di cui Marevivo è partner insieme alle principali organizzazioni ambientaliste nazionali, vuole rispondere ad accuse e falsi miti relativi ai possibili rischi dell’adozione di un sistema di deposito cauzionale (in inglese Deposit Return System, DRS) in Italia e ricordare il successo di questo sistema nei Paesi dove è già attivo.

La previsione di un Sistema cauzionale è contenuta nell’articolo 44 della Proposta, che ne prevede l’introduzione obbligatoria entro il 2029 per bottiglie in plastica e contenitori in metallo per liquidi alimentari fino a 3 litri (con l’esclusione di contenitori per latte e derivati, vino ed alcolici).

Dal momento in cui è trapelata una prima bozza della proposta di regolamento, gli ambienti industriali italiani hanno scatenato un acceso dibattito dai toni molto critici, che aveva come messaggio di fondo il fatto che l’approccio ideologico da parte dell’UE non tenesse conto delle eccellenze italiane nel campo del riciclo, mettendo potenzialmente a rischio 700mila posti di lavoro in Italia.

Ma l’accusa, frutto di probabili letture disattente, non tiene conto del fatto che riciclo e riuso sono strategie complementari che creano opportunità economiche ed occupazionali disaccoppiate dal consumo di risorse.

“In nessun altro paese europeo – precisa Enzo Favoino, Coordinatore Scientifico della Campagna “A Buon Rendere” – si sono avute reazioni così accese, tanto che nella conferenza stampa di presentazione, il Vicepresidente della Commissione Europea con delega al Green Deal, Frans Timmermans, ha ritenuto di rivolgersi direttamente all’Italia, e nella nostra lingua, per specificare quanto le critiche sollevate dagli ambienti governativi ed industriali italiani fossero infondate”.

La Coalizione non condivide totalmente l’obiezione principale sollevata in ambito nazionale, ossia che il Regolamento sia “incentrato sul solo riuso” e che pertanto venga richiesto al nostro paese di “compiere un salto nel buio nel sostituire dall’oggi al domani un sistema consolidato da 25 anni con un altro sistema che non sappiamo quali benefici apporterà” come dichiarato in varie occasioni da rappresentanti del sistema industriale e dei consorzi che sovrintendono al sistema della Responsabilità Estesa del Produttore nel settore dei rifiuti da imballaggio.

Inoltre, seppur non condividendo la notazione negativa assegnata al concetto di “riuso”, la Coalizione precisa che questo procedimento andrebbe inserito e sviluppato gradualmente nelle strategie di circolarità; la maggiore evidenza a smentita di tale obiezione è che la introduzione obbligatoria del DRS (al 2029, quindi tra 6 anni, non dall’oggi al domani) è prevista per contenitori in plastica e metallo, materiali con ogni evidenza vocati al riciclo, non al riuso. E questo, congiuntamente ad altre previsioni strettamente collegate al riciclo – quali la definizione di obiettivi minimi di contenuto di riciclato – e l’obbligo di “design per il riciclo”, dimostra che il Regolamento Proposto è invece soprattutto una roadmap per consolidare le filiere del riciclo, supportandone l’ulteriore crescita con strumenti operativi e sistemici.

Come dimostra l’evidenza maturata da tutti quei Paesi che lo hanno introdotto come strumento – raggiungendo già un tasso pari al 90% di raccolta dei contenitori per bevande – il DRS è soprattutto un poderoso strumento di consolidamento del riciclo. Consente infatti di massimizzare le intercettazioni di materiali, di migliorarne la qualità, di riservare i volumi di materiali riciclati per le applicazioni più “nobili” (da bottiglia a bottiglia, da lattina a lattina): tutti presupposti essenziali per garantire la massima circolarità del settore.

Secondo i dati diffusi da Eurostat, il tasso di circolarità dei materiali nel 2021 è stato in Italia del 18,4%  due punti in meno rispetto al 2020 che ha fatto retrocedere il nostro Paese al quarto posto in Europa, dopo i Paesi Bassi (34%), il Belgio (21%) e la Francia (20%).

Non considerare l’opzione di un DRS in Italia per testare altre opzioni che in altri paesi non si sono rivelate efficaci sarebbe un errore strategico di grande rilevanza che lascerebbe l’Italia in coda alle classifiche UE per effettivo avvio a riciclo di qualità, costringendo con ogni probabilità a repentini cambi di direzione nel medio termine.