Alla Conferenza UNOC3 di Nizza l’allarme lanciato dalla Fondazione: dipendiamo dagli oceani, ma li stiamo perdendo
Due terzi dei mari sono fuori da qualunque strumento di governance ambientale ed economica: si rischia un vero e proprio Far West sui fondali marini che sono minacciati da estrazioni selvagge, da deep sea mining. Alla Conferenza delle Nazioni Unite sugli Oceani (UNOC3) di Nizza, cui ha preso parte la Fondazione Marevivo, non si è riusciti a trovare l’accordo di un numero sufficiente di Paesi per ratificare il Trattato internazionale per la biodiversità dell’Alto Mare.
L’oceano copre oltre il 70% della superficie del Pianeta, produce il 50% dell’ossigeno che respiriamo, immagazzina un terzo della CO2 prodotta dall’uomo, assorbe il 90% del calore in eccesso, contribuisce all’equilibrio della biosfera terrestre e al sostentamento alimentare ed economico di miliardi di persone. Eppure, nonostante il suo ruolo fondamentale per la vita sulla Terra, l’oceano è sotto attacco: inquinamento, soprattutto da plastica, sfruttamento eccessivo delle risorse ittiche, perdita di biodiversità, acidificazione e aumento della temperatura delle acque dovuto ai cambiamenti climatici. Se queste pressioni, diretta conseguenza delle attività antropiche, non verranno affrontate efficacemente, le inestimabili funzioni che l’Oceano offre all’umanità, anche come regolatore del clima, saranno in pericolo. Attorno a queste sfide è ruotata questa edizione della Conferenza delle Nazioni Unite sugli Oceani (UNOC3), il cui filo conduttore è stato il tema della biodiversità.
Il dibattito internazionale si è concentrato soprattutto su un obiettivo cruciale: l’entrata in vigore del Trattato ONU per la Biodiversità Marina nelle Aree oltre la Giurisdizione Nazionale (BBNJ – Biodiversity Beyond National Jurisdiction). Ad oggi sono 50 i Paesi che lo hanno ratificato – l’Italia purtroppo non è tra questi – e ne servono almeno 60 affinché il trattato diventi effettivo. Il nostro Paese resta a guardare e si ripropone di ratificarlo non prima della fine dell’anno, perdendo l’opportunità di essere in prima linea nella salvaguardia dell’alto mare a livello internazionale. Eppure, questo trattato è uno spartiacque fondamentale per garantire la tutela del 64% degli oceani, che si trova in acque internazionali prive di una governance ambientale vincolante.
Marevivo, insieme con le organizzazioni internazionali che si battono per la tutela del mare, sostiene con decisione l’appello delle Nazioni Unite affinché i governi accelerino il processo di ratifica. Il Trattato BBNJ rappresenta, infatti, il primo strumento giuridico globale in grado di colmare un vuoto normativo che per troppo tempo ha permesso lo sfruttamento indiscriminato delle acque profonde e delle risorse marine.
Momento importante della Conferenza anche la presentazione del “Patto Europeo per gli Oceani”, da parte della Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, che si propone di rafforzare l’impegno comunitario verso la governance marina, promuovendo la protezione degli habitat, lo sviluppo sostenibile e la cooperazione internazionale.
Nel corso della Conferenza sono stati affrontati anche altri temi di grande rilevanza per la salute degli oceani, come la moratoria sul deep-sea mining, chiesta apertamente dal Presidente francese Emmanuel Macron, e la necessità di regolamentare le attività economiche nei mari profondi per evitare danni irreversibili a ecosistemi ancora in gran parte sconosciuti. Marevivo sostiene con convinzione la richiesta di bloccare qualsiasi attività estrattiva in acque profonde fino a quando non sarà garantita la tutela della biodiversità. Altro tema centrale è stato quello dell’inquinamento da plastica, ancora oggi una delle principali minacce alla vita marina. Si è parlato di un futuro Trattato globale sulla plastica, per cui la Fondazione ribadisce l’importanza di interventi strutturali che riducano alla fonte la produzione e l’uso di materiali plastici monouso, a partire da settori ad alto impatto come la pesca.
Nel quadro del Nice Ocean Action Plan, si è discusso anche di finanza blu, con l’impegno a mobilitare 175 miliardi di dollari entro il 2030 per la protezione degli oceani. Al momento, però, le promesse concrete ammontano solo a circa 10 miliardi. Marevivo sottolinea l’urgenza di trasformare gli annunci in investimenti reali e duraturi, soprattutto nei Paesi più vulnerabili al cambiamento climatico e al degrado ambientale.
Ma è sul fronte della conoscenza scientifica che Marevivo ha portato alla Conferenza una proposta concreta: la creazione di un Accordo Internazionale per la Catalogazione della Biodiversità Marina. Come ha dichiarato il Segretario Generale Raffaella Giugni: «non possiamo proteggere ciò che non conosciamo: investire nella ricerca significa investire nel futuro stesso del Pianeta». L’accordo proposto da Marevivo punta a creare un’iniziativa globale e permanente che, a partire dalle Aree Marine Protette, utilizzi tecnologie avanzate e strumenti tradizionali per catalogare e comprendere le forme di vita marine e il loro ruolo negli ecosistemi.