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L'editoriale della nostra Presidente Rosalba Giugni su La Repubblica

Le temperature oceaniche hanno registrato nuovi picchi da quando le rilevazioni sono omogenee e confrontabili. Anche nel Mediterraneo le temperature medie sulla superficie hanno toccato un altro record.

Gli scienziati sono concordi nel considerare queste temperature estremamente rischiose. Gli effetti sono molteplici, e vanno dall’acidificazione delle acque marine dovuta all’eccesso di CO2 da assorbire, all’influenza sulla Corrente del Golfo, alle modifiche alla produttività del mare, legata anche al cambiamento di colore (il cosiddetto effetto Van Gogh), all’invasione di specie aliene con conseguenze imprevedibili sull’equilibrio degli ecosistemi. Un esempio per tutti dalle cronache di questi giorni: l’invasione dei granchi blu nel Mediterraneo.

Ma il punto più delicato e controverso non riguarda la notizia — e cioè l’aumento delle temperature — che nessuno prova a contestare, neanche i più fulgidi ottimisti. Il punto è la responsabilità dell’uomo e la capacità politica dei nostri ordinamenti di dare una risposta tempestiva a questo problema. Sono quindici anni che gli indici segnalano l’accelerazione delle temperature e dei peggioramenti climatici a venire. L’IPCC, cioè l’organismo intergovernativo delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, un soggetto tecnico e politico non tacciabile di estremismo ambientalista, non è mai stato così pessimista sulla situazione: la realtà supera i modelli previsionali più allarmisti.

Se i dati sul calore persistono — cioè non saranno solo dei picchi, ma una tendenza media — le conseguenze cominceranno a farsi sentire anche sulla vita reale, sulla quotidianità. Pensiamo per esempio ai rischi concreti dei cosiddetti Medicani, gli uragani del Mediterraneo, che potrebbero essere sempre più frequenti e causeranno danni climatici imprevedibili e incalcolabili. La stessa cosa vale per l’impatto di questi fenomeni sui movimenti migratori. Sarebbe saggio considerare con più consapevolezza questi avvenimenti come una concausa dell’aumento dei flussi migratori dall’Africa.

La risposta degli ordinamenti è molto lenta e spesso scettica. Alcuni in Italia hanno accolto con superficialità le parole e l’impegno del capo dello Stato che ha cofirmato un appello con alcuni altri leader dei Paesi mediterranei contro la crisi climatica. Il Papa si batte per il riequilibrio ambientale e per la difesa della salute degli oceani. Continuare a pensare che questa saggezza sia allarmismo è francamente assurdo. Io penso che la testimonianza del presidente Mattarella e di papa Francesco dimostrino che proprio dall’Italia, dal cuore del Mediterraneo, stia partendo una consapevolezza, una voglia di impegno che possa influenzare il resto dell’Europa e l’Occidente.

Il tempo a disposizione è poco, questi segnali ci dicono che potrebbe finire all’improvviso. Non vanno sottovalutate due considerazioni che sono sotto gli occhi di tutti noi, anche degli scettici e dei negazionisti. La popolazione della Terra aumenta a un ritmo forsennato e con essa aumenteranno le esigenze, le richieste, i benefici della modernità. A parte i costi climatici dell’industria tradizionale, pensate soltanto al consumo di CO2 determinata dall’aria condizionata e dall’uso crescente di tecnologia digitale. In che modo si pensa di poter coniugare il diritto dell’uomo a procreare e a vivere nella modernità e il diritto della Terra a vivere?

Seconda questione evidente: gli equilibri ecologici sono già alterati. Nel campo in cui agisco da quarant’anni, il mare, i cambiamenti sono superiori all’immaginazione. Più plastica che pesce non è un modo di dire. L’animale marino che più desta l’impressione dell’uomo, lo squalo, viene decimato nell’ordine di 100 milioni di unità l’anno. Una cifra mostruosa, uno sterminio che si consuma nei tre Oceani. Il Mediterraneo è desertificato, e il clima fa la sua parte. Basta fare un bagno in un qualunque lido italiano.

La rottura dell’equilibrio ha un punto delicatissimo nel contesto oceanico. Gli oceani occupano oltre 350 milioni di chilometri quadrati, due terzi della superficie terrestre, ospitano oltre il 90 per cento della vita del pianeta. Sono il più grande alleato dell’uomo rispetto alla sostenibilità. Da soli assorbono un terzo della CO2 emessa. Ogni grado in più è un pezzo di vita — nostra — che se ne va.