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Fondare una green economy, in cui l’aggettivo “green” e il sostantivo “economy” stiano insieme non come piccolo artificio di propaganda da social, ma come obiettivo reale.

Il Recovery Plan è una occasione che non può essere sprecata. Abbiamo già impiegato con risultati incerti risorse molto ingenti in questo anno di pandemia, con la consueta cultura emergenziale di cui non riusciamo a liberarci. Le risorse del RP sono meno ingenti di quello che ci diciamo.

Come scrive Veronica de Romanis su La Stampa, secondo il piano nazionale di ripresa e resilienza, il documento del governo che definisce l’impiego del denaro, una parte cospicua dei 209 mld disponibili sarà impiegata per il finanziamento di norme già in essere. Sarebbero solo 63 i mld di euro destinati a nuovi investimenti pubblici.

Dunque le scelte che investono nuovi progetti sono decisive e vanno ponderate con grande attenzione, perché non avremo un’altra opportunità. Sul metodo che sarà individuato per prendere le decisioni, noi abbiamo due richieste da fare al governo.

La prima riguarda l’utilizzo delle task force. Ci piacerebbe che ogni soggetto svolga il suo compito istituzionale. Non creiamo inutili sovrapposizioni e duplicazioni. Dopo quindici giorni di allarmi e polemiche, la presidenza del consiglio ha assicurato che eventuali nuovi organismi avranno solo funzioni di coordinamento e monitoraggio per conto dei singoli ministeri.

Bene, ma è importante continuare a sostenere una linea di chiarezza. Per gli interessi del Paese e per la migliore utilizzazione dei fondi, il governo, il Parlamento, e le Regioni devono essere chiamati a rispondere secondo tempestività, efficacia ed economicità alle esigenze della collettività nazionale. Il coinvolgimento di figure esterne all’amministrazione può essere utile solo con compiti di consulenza e di ascolto.

Ovviamente come portatori di interessi generali (la tutela dell’ambiente) siamo pronti a fare la nostra parte per dare un contributo di esperienza e sensibilità. Ma la responsabilità delle decisioni deve essere politica e l’esecuzione amministrativa.

La seconda richiesta, riguarda il nostro campo specifico. Da quello che trapela in queste ore concitate e drammatiche, sembrerebbe che il ministero dell’ambiente non sia coinvolto con il ruolo che spetta ad altri ministeri nella definizione dei piani. Se questa scelta fosse confermata, sarebbe un grave errore.

Le scelte ambientali rappresentano uno dei fattori di modernizzazione dell’economia e della vita futura dell’occidente. La valutazione politica e tecnica di programmi e progetti deve passare anche per il ministero dell’Ambiente. La sfida legata al recovery fund è decisiva per fondare una green economy, in cui l’aggettivo “green” e il sostantivo “economy” stiano insieme non come piccolo artificio di propaganda da social, ma come obiettivo reale.

Una transizione ecologica non può permettersi soluzioni improvvisate e avventate. I prossimi trent’anni di storia del nostro paese si decidono in queste settimane. E tutti dobbiamo saperlo e batterci per fare del nostro meglio.