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Le maggiori associazioni ambientaliste italiane si uniscono per un obiettivo comune

La crisi climatica, le migrazioni, i misteri degli abissi, lo sviluppo della ricerca, in sintesi la tutela del mare, sono stati gli argomenti trattati al Festival Fano Ocean Action, organizzato dalla Università del mare con la collaborazione di diverse associazioni ambientaliste. E proprio queste ultime hanno dato un valido contributo all’evento finale, che si è svolto sabato scorso al Fano Marine Center.

Il mondo scientifico e le associazioni ambientaliste presenti hanno ribadito l’importanza di unire le forze per affrontare le sfide ambientali: coordinarsi su progetti comuni e sostenersi reciprocamente è la chiave per ottenere risultati concreti e tangibili.

Il Fano Ocean Action Festival si è concluso con la firma del “Manifesto per salvare il mare” da parte di MedReAct, Marevivo, Wwf, Legambiente, Sea Shepherd, Greenpeace, Federazione Nazionale Pro Natura, Worldrise, FanoUnimar e Reef Check Italia.

Cosa prevede il Manifesto:

“La società scientifica ha parlato chiaro: per garantire la salute e il benessere di ognuno di noi è necessario che gli ecosistemi naturali, primo fra tutti il mare, siano integri e ben funzionanti, cosicché possano mitigare variazioni nei parametri ambientali e ridurre la diffusione di agenti patogeni. Per far sì che ciò sia possibile, è fondamentale lavorare in sinergia per il raggiungimento dell’obiettivo globale 30×30: proteggere in maniera efficace almeno il 30% delle terre e dei mari del mondo entro il 2030, già riconosciuto come prioritario dalle Nazioni Unite.

Il mare e le terre emerse operano correttamente e forniscono alla nostra società imprescindibili servizi di approvvigionamento, di supporto, di regolazione e culturali solo quando ospitano elevati livelli di biodiversità. Negli ultimi decenni abbiamo assistito ad una rapida perdita della varietà di organismi viventi che abitano il nostro Pianeta, a causa di diversi fattori, tutti legati alle attività umane. Mentre si cercano soluzioni ecocompatibili a questo fenomeno, è urgente adottare misure che abbiano effetti rapidi sul recupero della biodiversità.

Dopo l’ambizioso “Marine Action Plan” volto a garantire una maggiore sostenibilità a lungo termine delle attività di pesca, il 17 giugno 2024, il Consiglio UE ha adottato formalmente il Regolamento sul ripristino della natura o “Nature Restoration Law”. Questa legge europea rappresenta un fondamentale supporto all’obiettivo 30×30, passando da una strategia di restauro passivo a una di restauro attivo. Attualmente, oltre l’80% degli habitat europei è in cattivo stato. Gli Stati membri dell’UE dovranno ripristinare almeno il 30% degli habitat degradati entro il 2030, il 60% entro il 2040 e il 90% entro il 2050.

Diventa quindi urgente definire criteri per selezionare le aree marine e terrestri che necessitano maggiore protezione e gli strumenti legali più idonei per tutelarle, distinguendo inoltre quali habitat richiedano veri e propri interventi di ripristino. Da questa necessità, a conclusione del Fano Ocean Action Festival, nasce il “Manifesto per salvare il mare”, che unisce alcune tra le maggiori associazioni di tutela ambientale, tra cui MedReAct, Marevivo, WWF, Legambiente, Sea Shepherd, Greenpeace, Federazione Nazionale Pro Natura, Worldrise, FanoUnimar e Reef Check Italia, nell’impegno comune per raggiungere questi obiettivi e promuovere una maggiore attenzione sociale e politica verso tali tematiche, spesso trascurate dai decisori politici.

Servono interventi immediati per garantire la nostra salute e quella delle future generazioni, curando il Pianeta. Per questo uniamo le nostre forze per chiedere con urgenza alla politica nazionale:

– L’istituzione e l’estensione di aree tutelate ad elevata valenza naturalistica ed ecologicamente connesse con le aree già istituite entro il 2030;

– L’identificazione delle aree che richiedono interventi di ripristino attivo in base a criteri scientifici;

– L’estensione della protezione ad aree con profondità superiori a 50 metri che ospitano ecosistemi marini vulnerabili, meno soggette agli effetti del riscaldamento anomalo delle acque ma spesso compromesse dall’attività di pesca a strascico.

Istituzioni, media, singoli cittadini, ONG e settore privato: solo lavorando in sinergia sarà possibile raggiungere l’obiettivo 30×30 e garantire il benessere del nostro Pianeta e di ognuno di noi”.

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