Skip to main content

Ecologo marino, ricercatore e divulgatore, Andrea Bonifazi è autore di ‘Ventimila specie (o quasi) sotto il mare. Viaggio nella biodiversità del Mediterraneo, tra dune, abissi e alieni’, un libro edito da Sperling & Kupfer e che, assieme alle belle illustrazioni di Viola Baroni, conduce il lettore/lettrice alla scoperta di affascinanti ecosistemi, di «specie ancora non descritte, adattamenti inimmaginabili e animali dalle morfologie degne dei più assurdi B-movie di fantascienza».

Si tratta di un viaggio sorprendente che prende avvio dal Mar Mediterraneo, partendo dall’ambiente delle dune, attraversa le spiagge emerse, le pozze di scogliera, il litorale, fino ad arrivare sempre più giù, alle profondità abissali dove regna l’oscurità.

Andrea, quando nasce la tua passione per il mare?

La mia passione è ultratrentennale (sono del 1986) in quanto sin da bambino sono stato profondamente attratto da questi argomenti, complice il fatto che anche i miei genitori hanno sempre avuto il medesimo amore per la Natura.

Ogni estate passavo lunghi periodi al mare, dove potevo osservare estasiato il brulicare di piccoli animaletti che, tra uno scoglio e una pozza, popolavano le spiagge in cui andavo. Ma a terra lo stupore non diminuiva, avendo da sempre una grandissima passione anche per gli insetti e tutti gli altri artropodi che convivono con l’essere umano e ai quali spesso non diamo peso. Inoltre, quando avevo sette anni, è uscito al cinema Jurassic Park – ad oggi ancora il mio film preferito – che per me ha rappresentato un importante crocevia, facendomi appassionare non solo ai dinosauri, ma in generale alla paleontologia e alla ricerca.

Oggi, avendo conseguito un Dottorato in Ecologia Marina, chiaramente osservo il mondo marino con maggiori competenze, mantenendo tuttavia il medesimo stupore di quando ero bambino, aspetto basilare anche per le mie attività di ricerca.

Si parla spesso di biodiversità del territorio, pensando a boschi e montagne, dimenticando gli ambienti marini. Quanta vita “sottomarina” non conosciamo?

Conosciamo una parte infinitesimale della biodiversità marina e si potrebbe dire che, sotto alcuni punti di vista, abbiamo maggiore conoscenza del suolo lunare che dei fondali oceanici. E non serve andare in luoghi sperduti per imbatterci in una vita sottomarina “sconosciuta”; lo stesso Mar Mediterraneo, troppo spesso sottovalutato, è zeppo di specie ancora da scoprire.

Spesso mi capita di segnalare specie precedentemente mai osservate nelle nostre acque, ma non è raro neppure imbattersi in specie totalmente nuove per la scienza: meno di due anni fa, assieme ad alcuni miei amici, nonché riconosciuti professionisti del settore, abbiamo descritto una specie di polichete (un verme marino, per capirci) fino a quel momento totalmente sconosciuta alla scienza, dandole il nome Trophoniella cucullata.

Questa enorme biodiversità risiede nelle caratteristiche del Mar Mediterraneo: nonostante abbia dimensioni estremamente ridotte – appena lo 0,82% della superficie di tutti i mari e oceani della Terra e lo 0,32% circa del loro volume totale – ospita il 7,5% della fauna marina mondiale e addirittura il 18% della flora marina mondiale. Peraltro molte di queste specie sono endemiche del Mare Nostrum, il che significa che sono presenti solo ed esclusivamente qui.

È evidente che i mari, che costituiscono quasi tre quarti della superficie terrestre, rappresentano un mondo ancora largamente inesplorato e che continuerà a regalarci meravigliose scoperte. Ecco perché dovremmo sempre rispettarli e tutelarli.

Nelle pagine del tuo ultimo lavoro descrivi un mondo quasi fantascientifico. Chi sono gli alieni di cui parli?

Molto spesso, quando si pensa agli abitanti dei nostri mari, tendiamo involontariamente ad averne una visione “ristretta”, soffermandoci sui pesci più colorati, sui delfini, sugli squali o sulle tartarughe marine, animali meravigliosi, ma forse un po’ “mainstream”.

Questi, tuttavia, rappresentano la proverbiale “goccia nell’oceano”, dato che le specie più incredibili e quasi fantascientifiche sono solitamente poco note: vermi con grossi ciuffi colorati, molluschi variopinti, crostacei dalle forme più bizzarre, parassiti dagli adattamenti assurdi, pesci bioluminescenti, meduse che fungono da “asili nido”, idrozoi galleggianti, microalghe che sembrano uscite dalla penna di un artista.

Insomma, il mare è un mondo che ha fornito una miriade di spunti per la fantascienza. Rimanendo in ambito apparentemente fantascientifico, bisogna specificare che il mare pullula anche di alieni… ma la fantascienza in realtà non c’entra nulla: in ecologia per specie aliena (o alloctona o non indigena) si intende una specie, animale o vegetale, introdotta volontariamente o accidentalmente dall’essere umano al di fuori del suo areale naturale di distribuzione e che spesso rappresenta una minaccia per la biodiversità autoctona.

Ed è così che nel Mar Mediterraneo possiamo trovare granchi brasiliani, molluschi asiatici, vermi australiani, pesci africani e così via. Tutte specie che non dovrebbero nuotare lungo le nostre coste, ma che sono arrivate perché trasportate dalle navi, sia come “incrostazioni” che nelle acque di zavorra, o perché entrate dal Canale di Suez, un canale artificiale che collega il Mar Rosso al Mar Mediterraneo.

Il problema è diventato noto al grande pubblico da pochi anni a causa della straordinaria proliferazione di Callinectes sapidus, l’ormai celebre “granchio blu”, ma la minaccia è molto più estesa, essendo presenti oltre mille specie aliene nel Mare Nostrum. Nel mio libro Ventimila specie (o quasi) sotto il mare pongo l’accento proprio sulla “fantascienza-non-fantascientifica” che possiamo osservare nel Mar Mediterraneo, dando tuttavia risalto anche agli alieni che mettono in pericolo la ricchissima e preziosa biodiversità che caratterizza il Mare Nostrum.

Sei creatore della pagina social “Scienze Naturali”, seguitissima da esperti e appassionati. Quali gli errori più comuni e le domande più frequenti?

Ormai da quindici anni mi occupo di divulgazione sui social network, avendo fondato la pagina “Scienze Naturali” su Facebook nel 2009, inaugurandola anche su Instagram nel 2018. Ad oggi, sommando entrambi i social, curo una comunità molto eterogenea di circa duecentotrentamila persone, da professionisti esperti del settore a semplici appassionati amanti della Natura.

Le domande più frequenti riguardano richieste di identificazione, nella maggior parte dei casi di invertebrati che possono essere rivenuti in casa o durante una passeggiata. Oltre che per semplice curiosità, spesso queste richieste nascono dal bisogno di sapere se la specie in cui ci si è imbattuti sia pericolosa o meno. Specifico che, per fortuna, in Italia sono davvero pochissime le specie oggettivamente pericolose per l’essere umano.

Sui social cerco anche di portare avanti una vera e propria missione con lo scopo di smascherare le fake news di ambito naturalistico, nonché di correggere alcuni errori molto comuni: tanto per fare qualche esempio, nel linguaggio comune i ragni, che sono aracnidi, vengono chiamati “insetti”, la pianta Posidonia oceanica viene definita “alga”, polpo e polipo vengono usati in sinonimia nonostante identifichino animali molto differenti, molluschi e crostacei sono spesso considerati pesci. E così si potrebbe andare avanti per ore. Il mio scopo è quello di far capire, sempre con un pizzico di ironia, le differenze sostanziali fra questi organismi, evidenziando per quale motivo si tratti di errori “gravi” da un punto di vista naturalistico.

Come poter promuovere la conoscenza e sensibilizzare al rispetto di luoghi, come litorali e coste, preziosi e fragili?

Aumentando la consapevolezza di ciò che ci circonda. Per conoscere meglio gli ambienti naturali che sono intorno a noi è necessario essere consapevoli del fatto che siamo parte della Natura e che non la dominiamo, anche perché provarci sarebbe inutile. Lavando via questo spesso strato di antropocentrismo che sovente pervade l’essere umano, potremo renderci realmente conto delle meraviglie di una Natura che spesso sottovalutiamo. E se aumenta la consapevolezza, cresce anche la conoscenza ed è proprio grazie a questa che l’ambiente può essere rispettato e tutelato. Dovrebbe essere una missione di tutti noi il cercare di aumentare le proprie conoscenze naturalistiche così da poter sensibilizzare riguardo argomenti talvolta ostici o “scomodi”.

Un messaggio ai ragazzi che ti leggono

Citando il geniale Stewart Brand, Steve Jobs, davanti ad una platea universitaria, disse: «siate affamati, siate folli». Io aggiungerei “siate curiosi», perché è proprio la curiosità il motore di qualsiasi scoperta e, per estensione, la base stessa della conoscenza. Dobbiamo cercare di nutrire costantemente il “fanciullino” (di pascoliana memoria) che vive dentro di noi, potendo così rimanere sempre sbalorditi dalle meraviglie che ci circondano.

Sia chiaro che non parlo solo di incredibili pesci abissali o di maestosi squali bianchi; molto spesso la meraviglia è celata da un alone di banalità ed è proprio “sbanalizzando il banale” che potremo accorgerci di come ciò che guardiamo superficialmente, senza osservarlo davvero, in realtà potrebbe svelarci spettacoli inaspettati.

Osservate per qualche minuto i piccoli artropodi che popolano i vasi di casa vostra; soffermatevi sulle specie che vivono tra le foglie di un prato urbano; quando andate in spiaggia ammirate le forme e i colori che si nascondono in una manciata di sabbia… vi renderete conto che la Natura di banale non ha proprio nulla!

Sostieni Marevivo

DONA ORA PER DIFENDERE IL MARE