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In occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua, non basta ricordare quanto questo elemento sia indispensabile per la vita umana e per quella del pianeta, ma è necessario e urgente riflettere sulle conseguenze disastrose che stiamo sperimentando proprio a causa della sua carenza.

L’emergenza globale della siccità sembra ormai irreversibile nel nostro Paese: per gli esperti, si tratta della più grave crisi degli ultimi 60 anni in Italia. Al Nord non piove più da oltre 100 giorni e, secondo l’allarme lanciato da Coldiretti – sulla base dei dati Arpa Lombardia – quest’anno mancano all’appello in Lombardia oltre 2 miliardi di metri cubi d’acqua rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, pari al 56,8% in meno rispetto al quantitativo medio delle riserve idriche.

Il Prof. Riccardo Valentini, Membro dell’Intergovemmental Panel on Climate Change, sostiene che non solo siamo fanalino di coda in Europa in fatto di consumo d’acqua a uso agricolo, ma siamo anche il paese al mondo con una delle più alte water footprint, vale a dire la quantità di acqua consumata per unità di prodotto.

La colpa è sia del cambiamento climatico che del mancato mantenimento delle strutture idriche nazionali. Sono trent’anni che l’Italia non fa manutenzione – sostiene il premio Nobel – le reti idriche sono obsolete, soprattutto al Sud, le perdite raggiungono anche punte del 50% e le infrastrutture non si parlano tra loro.

Dopo la Cop26 di Glasgow, una cosa è chiara: il cambiamento climatico non sarà neutralizzato nell’arco di breve tempo e ciascun paese si deve dunque preparare a un clima molto diverso da quello conosciuto dalle ultime generazioni. In Italia il riscaldamento, l’innalzarsi del livello dei mari, il mutare delle piogge stanno per diventare un nuovo discrimine fra i diversi territori della Penisola: si aprono scenari di maggiori siccità al Sud, maggiori piogge al Nord, migrazioni dalle aree costiere, perdita di produzione e di valore fra i terreni agricoli, impatto sul turismo.

Nell’ipotesi migliore – in cui le superpotenze accettassero sforzi maggiori a livello di politiche energetiche e la temperatura non salisse di oltre 2 gradi rispetto all’era preindustriale – le temperature medie salirebbero dell’1,1% in quasi tutto il territorio nazionale e l’andamento delle piogge già entro il prossimo decennio sarebbe nettamente più impietoso al Sud. In Sicilia e sulla fascia tirrenica e meridionale della Sardegna, il calo delle precipitazioni sarebbe del 9% inferiore alle medie degli ultimi 40 anni.

Nell’ipotesi peggiore – quella in cui non venissero azzerate le emissioni nette di CO2 entro mezzo secolo e la temperatura mondiale salisse di 3 gradi in media – tutta la Sicilia perderebbe il 14% delle sue piogge e la siccità diverrebbe una minaccia per gran parte del centro-sud, specie sulla fascia tirrenica. Al contrario al Nord — soprattutto a Nord-Ovest — è previsto per il 2050 un aumento delle piogge invernali del 9% negli scenari più miti e del 12% in quelli più duri, abbastanza comunque da porre il problema delle inondazioni.

L’obiettivo prioritario è quello di raggiungere emissioni nette di CO2 zero entro il 2050 per rispettare l’Accordo di Parigi sul clima. Oltre a una massiccia e rapida decarbonizzazione, è necessario rivedere le modalità d’uso, gestione e tutela del patrimonio idrico.

“La risposta è la transizione ecologica che, però, non potrà essere attuata senza una transizione culturale che basi il nostro agire su solida conoscenza dei processi naturali, nel rispetto dei ritmi della natura. Se li alteriamo, ne paghiamo le conseguenze” dichiara Ferdinando Boero, Vicepresidente di Marevivo. “La transizione ecologica viene spesso identificata con la produzione di energia ma deve riguardare anche la gestione dell’acqua. L’acqua genera elettricità: un tempo eravamo maestri nel produrla dall’acqua che scorre, con l’idroelettrico. Ma abbiamo quasi abbandonato questa produzione di energia, pienamente rinnovabile. […] Sbagliando, pensiamo di risolvere con il cemento la cattiva gestione del territorio” conclude.

Nel privato, è indispensabile che ognuno di noi sia più consapevole riguardo un uso più sostenibile dell’acqua. Gli italiani ne consumano ancora troppa: sono fra i primi in Europa per il consumo medio quotidiano di acqua. Se pensiamo, infatti, che 50 litri sono il quantitativo minimo vitale giornaliero, certamente potremo ridurre gli attuali circa 230 litri medi al giorno pro capite, facendo più attenzione agli usi e agli sprechi.