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In copertina: Coralli sbiancati nella Grande Barriera Corallina australiana, vicino Port Douglas il 20 Feb. 2017. Brett Monroe Garner / Greenpeace via Reuters file

Di Ferdinando Boero

La Grande barriera corallina australiana è stata costruita da organismi viventi, i coralli, cresciuti nel corso di millenni sugli scheletri dei loro predecessori, generazione dopo generazione. È lunga più di duemila chilometri, sta bene al caldo e non tollera sbalzi di temperatura. Il riscaldamento globale produce ondate di calore che superano i limiti di tolleranza dei coralli: metà della Grande Barriera è morta.

I ricercatori australiani hanno registrato diversi momenti di crisi in passato, ma mai come questo. E sono sgomenti e infuriati. Perché è il nostro stile di vita ad uccidere la Grande Barriera. Siamo una specie che brucia carbonio e produce anidride carbonica, e questo provoca gli innalzamenti di temperatura che uccidono i coralli e le specie ad essi associate.

Quando il clima cambia troppo rapidamente la biodiversità ha tre possibilità: estinguersi, evolvere adattamenti alle nuove condizioni oppure emigrare in cerca di posti che offrano le condizioni venute meno nella “patria” delle specie in pericolo. La Grande Barriera si sta estinguendo, ma molte specie ad essa associate fuggono in cerca di acque promesse.

Le specie tropicali, a centinaia, trovano condizioni ottimali in Mediterraneo, dove le temperature ormai raggiungono valori tropicali. Le ondate di calore uccidono le specie tipicamente mediterranee come le gorgonie che, a seguito di ondate di calore, hanno già subito eventi di mortalità di massa. Ma il caldo che le uccide è un confortevole tepore per le specie tropicali che, entrate in Mediterraneo dal Canale di Suez, formano nuove popolazioni. Forse arriveranno anche i coralli, assieme ai pesci, agli invertebrati e alle alghe che già sono arrivati con centinaia di specie. Sono invasori o sono profughi climatici? Intanto, pare che nulla stia prendendo il posto dei coralli e ai tropici resta solo la desolazione.

La catastrofe climatica ci sta privando delle specie native del Mediterraneo e della espressione più spettacolare della biodiversità: la Grande Barriera. Non sono solo estetici i motivi di allarme.

La Grande Barriera è l’omologo marino della foresta amazzonica, contribuisce al mantenimento di uno stato del pianeta al quale siamo adattati anche noi, regolando i rapporti tra anidride carbonica e ossigeno, prima di tutto.

Il cambiamento climatico, causato da un’economia miope che lascia terra bruciata al suo passaggio, sta distruggendo la bellezza del pianeta in tempi rapidissimi e provoca danni economici e sociali enormi. Non esistono soldi che possano compensare il danno.

Ferdinando Boero è vice presidente di Marevivo e professore di Zoologia all’Università Federico II di Napoli.